Egitto, ancora scontri fra polizia e manifestanti: 12 morti e quasi 500 feriti
E' il secondo anniversario della Rivoluzione dei gelsomini. Gli scontri piĆ¹ gravi a Suez, dove l'esercito ha blindato l'ingresso al canale. Il presidente Mohamed Morsi minaccia di usare il pugno di ferro contro i responsabili delle violenze. Port Said in fiamme dopo il verdetto sul massacro di tifosi del 2 febbraio 2012. Assaltate le caserme di polizia.

Il Cairo (AsiaNews/ Agenzie) - Sale a 12 morti e quasi 500 feriti il bilancio delle manifestazioni per il secondo anniversario della Rivoluzione dei gelsomini egiziana. Ieri, centinaia di migliaia di persone hanno protestato nelle principali città egiziane - Cairo,  Alessandria, Assuit, Port Said, Suez, Sharqiya, Kafr al-Sheikh - chiedendo la fine dell'establishment islamista e una vera democrazia. Gli scontri più gravi sono avvenuti a Suez, dove otto persone sono rimaste uccise. In tarda serata l'esercito ha blindato la città, dispiegando truppe all'ingresso del canale.

Secondo alcuni testimoni, la polizia avrebbe sparato prima proiettili di gomma, poi pallottole vere su una folla che cercava di irrompere nella sede del governatorato regionale. Fra le vittime: una donna, un ragazzo di 15 anni e due poliziotti.  Violenti scontri sono avvenuti anche al Cairo, Alessandria, Ismailiya. Nella capitale, polizia e manifestanti si sono affrontati nei dintorni di piazza Tahrir. Per inseguire i giovani, gli agenti non hanno risparmiato nemmeno gli edifici religiosi, rimasti aperti per offrire riparo e cure ai feriti.

A Qasr al-Aini street, gli agenti hanno lanciato gas lacrimogeni dentro la locale chiesa evangelica, intossicando numerose persone. "I poliziotti hanno preso di mira la chiesa - afferma Nermeen, giovane manifestante - hanno sparato sei candelotti dentro la navata, dove stavamo curando molti di noi colpiti da principi di soffocamento e svenimento a causa dei gas". Ad Ismailiya (Suez) i manifestanti hanno dato fuoco alla sede locale del partito Libertà e Giustizia (PLJ), dei Fratelli Musulmani, invadendo la sede del governatorato. Edifici pubblici sono stati attaccati a Damietta (Delta del Nilo) e Kafr el-Sheikh (Mar Rosso).

In un breve messaggio alla nazione pubblicato su Facebook e Twitter, il presidente Mohamed Morsi ha promesso di "riportare l'ordine in un Paese diviso dai disordini politici". Il leader islamista ha minacciato di usare il pugno di ferro contro i responsabili delle violenze: "Le forze di sicurezza inseguiranno in ogni parte del Paese per consegnarli alla giustizia. Essi stanno facendo del loro meglio per proteggere e garantire le manifestazioni pacifiche ".

Intanto, il tribunale di Port Said ha condannato a morte 21 dei 73 imputati per il massacro del 2 febbraio 2012, durante gli scontri post-partita fra i tifosi della squadra locale al-Masry e della cairota al-Alhawy. A provocare le strage l'invasione di campo degli ultras dell'al-Masry. Da questa mattina centinaia di ultras della squadra locale e i familiari dei condannati hanno assaltato alcune caserme di polizia. Il bilancio parziale è di 11 morti decine di feriti, ma si temono nuovi scontri nelle prossime ore.