La Cina condanna a morte un monaco tibetano: “istigava” le autoimmolazioni
Lorang Konchok, 40 anni, ha perso anche i suoi diritti politici. Con lui, condannato anche il nipote a 10 anni di prigione. Per una corte del Sichuan sono colpevoli di omicidio volontario in otto casi di autoimmolazione, tre dei quali finiti con la morte del suicida.

Lhasa  (AsiaNews/Agenzie) - Un monaco tibetano è stato condannato a morte oggi da una corte cinese della provincia del Sichuan per aver istigato otto persone ad autoimmolarsi. Oltre a lui, il tribunale ha condannato un altro tibetano - nipote del primo - a 10 anni di prigione. Sui due pesa l'accusa di omicidio volontario. Come riporta l'agenzia ufficiale Xinhua, 130 persone hanno assistito al verdetto.

Per il momento, la corte ha sospeso per due anni la pena di morte comminata a Lorang Konchok, 40 anni, che potrebbe così commutarsi in carcere a vita. Tuttavia, le autorità cinesi hanno revocato a vita i diritti politici del monaco. Il nipote Lorang Tsering, 30 anni, sconterà "solo" 10 anni di prigione, perché avrebbe agito su ordine di Konchok. I suoi diritti politici sono stati sospesi per tre anni.

Secondo i giudici, membri del governo tibetano in esilio a Dharamsala e media stranieri avrebbero collaborato con Lorang Konchok per diffondere la notizia delle autoimmolazioni, che il regime cinese ha sempre cercato di mettere a tacere. L'uomo è un lama Geshe del monastero di Kirti, a cui appartenevano molti monaci che hanno scelto di autoimmolarsi.

Dal 2009 a oggi almeno 100 tibetani si sono dati fuoco per protestare contro il regime cinese e per chiedere il ritorno del Dalai Lama in Tibet.