Nasr Abu Zayd, l'alternativa islamica al fondamentalismo religioso
L'intellettuale egiziano, accusato di apostasia, condanna gli attentati suicidi, afferma la convivenza tra Islam e democrazia e difende il dialogo interreligioso.

Roma (AsiaNews) – Nega che il Corano vada seguito alla lettera, condanna gli attentati suicidi, afferma la possibile convivenza tra Islam e democrazia, difende il dialogo interreligioso e la convivenza con minoranze di altre fedi. Condannato per apostasia e costretto a lasciare il suo Paese, Nasr Abu Hamid Abu Zayd, docente di Letteratura araba dell'Università del Cairo, da musulmano, quale continua a sentirsi, ha spiegato le sue opinioni nel corso della presentazione del suo nuovo libro, Una vita con L'Islam, da pochi mesi uscito in Italia. 

La vicenda personale di Nasr Abu Zayd inizia nel 1993, quando viene accusato di apostasia per aver applicato l'analisi letteraria del testo al Corano. Secondo l'ortodossia islamica, il Corano è stato "fatto scendere" (dal verbo arabo tanzil) sul profeta direttamente da Dio e quindi una critica e una lettura non letterale applicata al libro sacro per l'Islam è un gesto dissacrante. In realtà Nasr Abu Zayd pur essendo musulmano non si affida all'interpretazione letterale del testo. Dopo essere stato giudicato colpevole, il 14 giugno 1995, è dovuto fuggire in Olanda per salvaguardare la sua incolumità e quella della sua famiglia. Se fosse rimasto in Egitto, in base alla sentenza, avrebbe anche dovuto divorziare dalla moglie perché non più considerato musulmano.

Nella conferenza stampa, tenuta al Pontificio istituto di studi arabi e islamici (Pisai) Nasr Abu Zayd oltre a presentare la sua ultima opera letteraria è intervenuto anche su diversi temi legati all'islamismo radicale contemporaneo, alla politica internazionale e al dialogo interreligioso.

L'intellettuale egiziano ha commentato anche le recenti riforme democratiche avviate da alcuni Paesi arabi, come l'Egitto, e la politicizzazione del messaggio religioso da parte dei gruppi islamici radicali: "la via della democrazia è lunga e tortuosa - ha dichiarato Nasr Abu Zayd - bisognerebbe evitare di teologizzare la questione come fanno alcuni movimenti radicali che nel mondo islamico sfruttano la religione per giustificare il blocco di ogni innovazione. Credo che Islam e democrazia siano su due piani distinti e non andrebbero mischiati, così come non si dovrebbe confondere un discorso religioso con un discorso politico. In realtà il multipartitismo esiste in Egitto da tempo. Il mondo islamico, in realtà, non è un blocco unico. Storicamente non esiste un centro bensì possiamo parlare di Islam indonesiano, di Islam indiano e così via, ma non di un unico Islam".

Nella controversia teologica interna al mondo islamico sul giudizio da dare degli attentati suicidi Nasr Abu Zayd ha affermato che "l'Islam è molto chiaro nel condannare il suicidio. Io personalmente – ha aggiunto - lo ritengo un gesto orribile, soprattutto se oltre a se stessi si uccidono anche persone innocenti come succede in Iraq e in Palestina. Credo che ci sia una distinzione netta tra cercare di capire le motivazioni di chi compie gli attentati suicidi e giustificarli: è impossibile giustificare gli attentati suicidi, ma posso capire che in una situazione di guerra può succedere di tutto. Le cose andrebbero considerate dall'interno: è terribile, ma molti giovani morendo non perdono nulla. Secondo me il problema non è religioso, tuttavia dal punto di vista umano il suicidio è incomprensibile". Per quanto riguarda il dialogo interreligioso tra l'Islam e il Cristianesimo e il rispetto delle minoranze, Nasr Abu Zayd ha affrontato la situazione della minoranza copta egiziana spesso vittima di piccole e grandi discriminazioni quotidiane: "l'Islam è riconosciuto come religione dal Vaticano; io sono egiziano e posso dire che i copti che in Egitto rappresentano circa il 10% della popolazione, fanno parte della storia del Paese che non sarebbe la stessa senza la loro presenza".

L'intellettuale egiziano ha espresso una sua opinione anche sul rapimento della giornalista italiana del Manifesto, Giuliana Sgrena. "Non credo – ha detto - che la giornalista italiana sia stata rapita perché ai tempi della guerra civile algerina si schierò a favore delle donne. I gruppi iracheni non sanno spiegare chiaramente ciò che fanno, non hanno alcuna logica ne' un'ideologia da difendere perciò rapiscono, ma è chiaro che più di ogni altra cosa desiderano apparire sui media". (SC)