Benedict Rogers: in Asia, terra di missione, sono divenuto cattolico
di Benedict Rogers
Attivista londinese, membro della Chiesa Anglicana, la Domenica delle Palme รจ stato ricevuto nella Chiesa cattolica da mons. Charles Bo, vescovo di Yangon. Presenti buddisti, protestanti, atei e agnostici. Un pensiero agli amici cattolici scomparsi, fra cui Shahbaz Bhatti. E una menzione alle encicliche di Benedetto XVI, fra cui la Caritas in Veritate.

Yangon (AsiaNews) - AsiaNews presenta la storia di Benedict Rogers, giornalista e attivista per i diritti umani originario di Londra, team leader per l'East Asia di Christian Solidarity Worldwide (Csw), che di recente è divenuto cattolico dopo un biennio di preparazione catecumenale. La cerimonia si è svolta a Yangon, in Myanmar, presieduta dal locale arcivescovo. Proprio mons. Charles Bo ha giocato un ruolo fondamentale nella decisione di convertirsi al cattolicesimo, maturata nel tempo dopo un lungo periodo di studi e di riflessione. Alla cerimonia erano presenti cattolici, protestanti delle minoranze etniche, agnostici, atei e buddisti, a conferma del profondo legame instaurato con la popolazione birmana e quanti da tempo operano nel Paese. E come traspare dal racconto, sono proprio i "sorrisi" degli amici il segno più evidente della grazia ricevuta, che lo spinge a scrivere "mi è sembrato che persino Dio stesse sorridendo compiaciuto".

Negli anni di missione nei vari Paesi dell'Asia, egli ha incontrato personalità di primo piano del panorama cattolico, fra i quali Shahbaz Bhatti, ministro per le Minoranze religiose in Pakistan, massacrato dai fondamentalisti islamici nel marzo 2011 per la sua ferma opposizione alle famigerate leggi sulla blasfemia. Sulla decisione di convertirsi pesano anche le meditazioni e le letture, fra cui Von Balthasar, de Lubac e le encicliche di Benedetto XVI, in particolare la Caritas in Veritate. La sua storia diventa testimonianza concreta di come un Paese ancora oggi terra di missione, possa invece trasformarsi in occasione di incontro con Cristo, di annuncio del Vangelo, di riscoperta di una fede cattolica che l'Europa e l'Occidente sembrano aver abbandonato.

La Domenica delle Palme, a dieci giorni di distanza dall'elezione di Papa Francesco, ho fatto il mio ingresso nella Chiesa cattolica nel corso di una cerimonia alla St. Mary's Cathedral di Yangon, in Myanmar, presieduta dal locale arcivescovo mons. Charles Bo (nella foto). Il parlamentare inglese Lord Alton mi ha fatto da padrino e fra i molti amici che hanno partecipato alla celebrazione vi erano buddisti birmani, cristiani battisti delle minoranze etniche Karen e Chin, una coppia di occidentali un tempo cattolici e moltissimi amici dall'estero non religiosi, laici, agnostici o atei. Ad ogni modo, si è trattato di un'occasione davvero unica.

Dunque, perché ho deciso di convertirmi al cattolicesimo e perché proprio a Yangon? Nel 1994 sono diventato cristiano, al termine di una settimana di missione promossa dal mio ateneo, e guidata dal predicatore Metodista Donald English. Per 19 anni ho aderito alle chiese evangeliche, in particolare a quella Anglicana. Tuttavia, ho sempre nutrito un profondo rispetto per la Chiesa cattolica; inoltre, moltissimi cattolici con i quali ho collaborato nel corso degli anni sono stati fonte di ispirazione.

Lavoro per l'organizzazione umanitaria internazionale Christian Solidarity Worldwide (Csw), che è specializzata nelle tematiche inerenti la libertà religiosa. Per più di 15 anni ho operato in modo attivo in Myanmar, viaggiando oltre 40 volte all'interno o lungo i confini, incontrando dissidenti, attivisti, rifugiati e sfollati interni per raccontare le loro storie. Ho attraversato diverse volte le frontiere entrando nelle aree teatro di conflitti, e per due volte sono stato espulso dal Paese. Ho scritto tre libri sulla Birmania, tra i quali una biografia dell'ex dittatore Than Shwe.

Fra gli altri, ho viaggiato e operato anche a Timor Est, Pakistan, Cina, Indonesia e Corea del Nord. Le sofferenze delle persone e il coraggio di quanti hanno cercato di cambiare la situazione sono sempre state fonte costante di ispirazione. In Pakistan, il ministro federale per le Minoranze religiose Shahbaz Bhatti, assassinato due anni fa, era un mio caro amico. Abbiamo viaggiato diverse volte in compagnia, quando era ancora un semplice attivista impegnato nella tutela di emarginati e bisognosi. Abbiamo condiviso le mie avventure ed esperienze, fra cui l'esplosione di una bomba che per soli cinque minuti non ci ha colpito, e l'incontro con una bambina cristiana di soli sette anni vittima di violenza sessuale. Un altro amico personale in Pakistan era il mentore di Shahbaz, il capitano dell'esercito in pensione Cecil Chaudhry, attivista di primo piano in materia di diritti umani. A Timor Est ho lavorato con una religiosa eccezionale, suor Lourdes e il suo istituto, il Secular Institute of Brothers and Sisters in Christ (Ismaik), così come con p. Francisco Maria Fernandes, il primo abitante di Timor Est esiliato in Indonesia nel 1975. A Hong Kong mi ha affascinato la grandiosa figura del card. Joseph Zen, oggi arcivescovo emerito. Un mio caro amico di nome James Mawdsley, che ha trascorso diversi mesi in una prigione birmana per aver partecipato a manifestazioni pro-democrazia e oggi seminarista, mi ha incoraggiato moltissimo lungo il cammino. Infine l'integrità, il coraggio, la convinzione e la coscienza di Lord Alton, fonte di profonda ispirazione in campo politico. Ho avuto il privilegio di collaborare con lui per oltre dieci anni, visitando col suo seguito Pyongyang, capitale della Corea del Nord, nel 2011.

Ecco perché, seppur a livello inconscio, sono stato a lungo attratto dalla Chiesa cattolica e da sue eminenti personalità. Tuttavia, fino a due anni fa non avevo alcuna intenzione di cambiare l'appartenenza religiosa. Ero felice di essere Anglicano, prendendo il meglio di ciò che il mondo sapeva offrirmi e apprezzando i lati positivi delle tradizioni evangeliche e carismatiche, pur rispettando la fede cattolica. Ma tutto è cambiato nel corso di una serie di conversazioni con l'arcivescovo Bo a Yangon.

Ho incontrato per la prima volta l'arcivescovo Bo cinque anni fa. E fin da subito mi ha colpito per il suo coraggio discreto, la sua ferma determinazione nell'opporsi alle ingiustizie in Myanmar, il suo calore, la generosità di spirito, l'ospitalità, l'umiltà e il senso dello humor. Egli non è un sobillatore, non è uno di quelli che scendono in piazza, e ha saputo navigare con saggezza fino a diventare una voce per le coscienze, senza per questo farsi coinvolgere in conflitti o tensioni con le autorità. Ho letto per anni ogni sua omelia, dentro le quali emerge con chiarezza il messaggio di giustizia e libertà, senza però essere del tutto esplicitato. Il suo mix di audacia e saggezza è impressionante.

Ecco perché due anni fa ho chiesto a mons. Bo cosa si dovesse fare, nel caso in cui uno decidesse di convertirsi al cattolicesimo. Al tempo la domanda cresceva con sempre maggior forza dentro di me più per via della curiosità, che di una effettiva intenzione; tuttavia, la sua risposta ha determinato un punto di svolta per me. Egli mi ha spiegato in maniera molto semplice e rapida: "Se una persona è disposta ad accettare gli insegnamenti della Chiesa cattolica, allora è pronta ad abbracciare il cattolicesimo". Egli ha anche aggiunto, senza pressioni ma con una delicatezza straordinaria: "Se senti di aver raggiunto questo stato, sarei ben lieto di accoglierti qui, in seno alla Chiesa cattolica birmana".

Le sue parole hanno sortito due effetti in me. Per prima cosa, ho pensato a quanto l'idea fosse bella e carica di significati simbolici, considerati gli anni di impegno per la Birmania. Del resto, in un secondo momento ho realizzato che questo non sarebbe bastato per diventare cattolico: l'ammirazione per un arcivescovo particolare e l'impegno per un determinato Paese, da soli non potevano bastare per giustificare una conversione. E così ho capito che avrei dovuto approfondire di più e meglio il cattolicesimo, fino a scoprire se era quanto davvero desiderassi per me e per la mia vita.

Per questo, nell'ultimo anno ho letto tutto quello che mi capitava fra le mani. Ho studiato molti dei libri di papa Benedetto XVI e tutte le sue encicliche, che ho amato moltissimo. Ho letto diversi libri di Scott Hahn, che mi hanno aiutato moltissimo nel comprendete alcuni dei più importanti insegnamenti della Chiesa con i quali, essendo di provenienza anglicana, non ero del tutto familiare. Ho studiato George Weigel, Hans Urs Von Balthasar, Henri de Lubac, John Henry Newman e GK Chesterton. Ho inoltre letto Conversion e Something beautiful for God di Malcolm Muggeridge [sulla testimonianza di Madre Teresa-ndr]. A questo si aggiungono le letture del catechismo della Chiesa cattolica e il compendio della dottrina sociale della Chiesa. Ho letto moltissimi degli scritti dei Padri della Chiesa e dei Santi più importanti. Ho studiato la vita di Giovanni Paolo II, attraverso il documento "Testimoni della speranza" e "Nove giorni che hanno cambiato il mondo". Tutti questi libri, materiale e scritti mi hanno avvicinato sempre di più alla Chiesa. E così, il primo sussulto avvertito anni prima si è fatto sempre più grande. Più leggevo e parlavo e pregavo e meditavo, maggiore era l'attrazione che provavo verso la barca di Pietro.

In aggiunta alle letture, ho potuto contare sull'aiuto di moltissimi amici cattolici che mi hanno dato una mano, sia con la loro pazienza e disponibilità nell'ascolto delle domande, sia nell'offrirmi le risposte ai quesiti più annosi. Il mio parroco mi ha preparato al battesimo attraverso incontri settimanali, che si sono ripetuti per diversi mesi. E ho anche preso parte a lezioni e approfondimenti sul Vangelo.

Nel gennaio di quest'anno ho partecipato a un ritiro spirituale di cinque giorni al Campion Hall, Oxford, guidato da p. Nicholas King. Nel corso degli esercizi, Dio mi ha parlato in molti modi diversi e meravigliosi, schiarendomi le idee e dando un senso alle domande che si erano sovrapposte nel tempo, confermando al cuore e alla mente che ero pronto a prendere questa decisione. Così ho proseguito il mio cammino, fino al rito dell'elezione (l'iniziazione adulta alla Chiesa cattolica) nella cattedrale di Southwark, a Londra, dove il mio nome è stato letto assieme a quello di altri 450 catecumeni e candidati, nel corso di una funzione presieduta dall'arcivescovo Peter Smith. Infine, è giunta la Domenica delle Palme.

Come molti altri convertiti, ho avuto la sensazione di un ritorno a casa. Mentre le campane della chiesa risuonavano per la Domenica delle Palme, diffondendo il suono per tutta Yangon, ho avvertito una gioia straordinaria che cresceva dentro di me. Ed eccomi qui, in un Paese che non è il mio ma che amo dal profondo, in una Chiesa che non è la mia, ma che ora avverto come la mia casa spirituale. Sorridevo. E i miei amici sorridevano con me. Ho avuto la sensazione che quanti mi hanno ispirato lungo il cammino - soprattutto quanti non sono più con noi come Shahbaz Bhatti e Cecil Chaudhry - mi stessero guardando e sorridendo. Mi è sembrato che persino Dio stesse sorridendo compiaciuto.