Governi islamisti contro Twitter e social media
In Kuwait il principale leader dell'opposizione dovrà scontare una pena di 5 anni di carcere per insulti contro l'emiro e il governo. In 10mila protestano a Kuwait City. Una corte turca condanna a 10 mesi un pianista per aver scritto su Twitter frasi contro il governo islamista.

Kuwait City (AsiaNews/ Agenzie) - Le opinioni su Twitter e social media diventano il nuovo bersaglio dei governi musulmani usciti indenni dalla Primavera araba del 2011. In questi mesi, in Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Arabia Saudita e Kuwait sono avvenuti decine di processi e condanne contro attivisti, politici e personaggi dello spettacolo colpevoli di aver espresso sui social network opinioni e commenti contrari all'islam o critici nei confronti di leader politici, emiri o monarchi. I due casi più recenti riguardano il Kuwait e la Turchia.

Ieri una corte di Kuwait City ha condannato a cinque anni di carcere Musallam al-Barrak, leader dell'opposizione, per presunti insulti contro l'emiro Sheikh Sabah al-Ahmad al-Sabah pubblicati su Twitter. In serata, oltre 10mila persone sono scese in piazza in protesta contro il governo (v. foto). Il verdetto contro al-Barrak segue una serie di condanne nei confronti di attivisti e politici colpevoli di aver rilanciato sui social network le opinioni del leader. Fra questi vi è Orance al-Rasheedi, attivista pro-democrazia, condannato in febbraio a 10 anni di prigione sempre per critiche contro l'emiro e per aver incitato al rovesciamento della monarchia che da secoli guida il Paese.

Ieri tribunale turco ha confermato la condanna a 10 mesi di reclusione per Fazil Say, pianista famoso in tutto il mondo, per alcune frasi contro il partito di governo e la sua deriva islamista, ma che sono valse all'uomo una condanna per blasfemia e offesa dell'islam. Il musicista, 43 anni, ateo, ha suonato con le migliori orchestre del mondo e non era presente in aula durante la lettura della condanna. Iniziato nell'aprile 2012, il caso ha scatenato una forte reazione da parte di giornalisti e artisti turchi che denunciano la stretta sulla libertà di stampa e di pensiero attuata dal governo di Ankara. In questi anni Say ha più volte criticato il Partito giustizia e sviluppo guidato dal premier Recep Tayyip Erdoğan, accusandolo di avere un'agenda segreta per trasformare la Turchia in un Paese islamista.

Dopo la caduta dei governi autoritari di Tunisia, Libia, Egitto, Yemen e l'esplosione della guerra civile in Siria, gli Stati del Golfo e la Turchia hanno dato il via a una campagna di arresti e denunce contro blogger e attivisti, spesso per semplici frasi scritte sui social media. In novembre ha fatto discutere la sentenza di una corte del Qatar contro Muhammad Rashid al-Ajami, poeta condannato all'ergastolo per aver pubblicato su Twitter, Facebook e Youtube versi inneggianti alla Primavera araba considerati offensivi nei confronti dell'emiro Hamad bin Khalifa Al Thani. In febbraio la sentenza è stata ridotta a 15 anni di carcere, ma solo dopo le pressioni di varie associazioni per la libertà di stampa e la difesa dei diritti umani. Fra i Paesi incriminati la maggior parte sostiene con armi e denaro l'opposizione siriana contro Bashar al-Assad. In occasione dell'incontro della Lega Araba dello scorso 26 marzo, che ha dato il via libera al sostegno armato delle milizie ribelli, lo stesso Ahmad Motaz el-Khatib, presidente della Coalizione nazionale siriana (Cns), ha invitato "i membri della Lega a rispettare i diritti umani anzitutto nei propri Paesi".