I due vescovi di Aleppo ancora nella mani dei rapitori. La "dittatura della falsa informazione"
Le trattative con i rapitori sarebbero in corso, ma non si sa ancora nulla sulla data del presunto rilascio. Mons. Yohanna Ibrahim, vescovo della diocesi siro-ortodosso di Aleppo e Mons. Boulos Yaziji, sono stati rapiti lo scorso 22 aprile, a 10 km da Aleppo, vicino al confine turco. Vescovo greco-melchita punta il dito contro le false informazioni sulla presunta liberazione dei prelati diffuse in questi giorni dai media occidentali. "Qui vi sono donne e uomini che rischiano la propria vita pur di affermare e raccontare il vero senza patteggiare né per ribelli o gruppi religiosi, né per il regime".

Aleppo (AsiaNews) - Sono ancora nella mani dei rapitori i due vescovi ortodossi sequestrati lo scorso 22 aprile a Kafr Dael, 10 km da Aleppo, sul confine turco. Fonti di AsiaNews affermano che le trattative sono in corso, ma non si sa ancora nulla né sulla data del rilascio, né sull'identità dei sequestratori, probabilmente jihadisti ceceni.   

Mons. Yohanna Ibrahim, vescovo della diocesi siro-ortodosso di Aleppo e Mons. Boulos Yaziji, arcivescovo della diocesi greco-ortodossa della città, stavano trattando il rilascio di due sacerdoti p. Michel Kayyal (armeno-cattolico) e p. Maher Mahfouz (greco-ortodosso), sequestrati in febbraio e ancora nelle mani dei rapitori

In questi giorni tutte le chiese di Aleppo, cattoliche e ortodosse, stanno organizzando veglie di preghiera e messe per la salvezza dei due prelati, i primi ad essere rapiti i due anni di guerra civile fra regime di Bashar al-Assad e ribelli.

Mons. Jean Clement Jeanbart, arcivescovo greco-melchita, racconta ad AsiaNews, che nella sua cattedrale oltre 1000 fedeli partecipano ogni pomeriggio alle veglie per mons. Ibrahim e mons. Yaziji e sono stati scossi dalle notizie contrastanti di questi giorni che davano come certa una loro liberazione. "La popolazione - spiega - dipende dalle informazioni battute dai media occidentali, le uniche che hanno ancora una credibilità nel nostro Paese". Tuttavia, per il prelato molte agenzie internazionali preferiscono basarsi sulle informazioni fornite da organi esterni, invece di verificare sul campo, dove la popolazione riesce ancora a comunicare con l'esterno.

"Da diversi mesi - afferma - in Siria vige una dittatura della "falsa informazione che crea confusione e false speranze". "I media occidentali - continua il prelato - hanno una grande responsabilità non si può giocare con la vita e le coscienze delle persone. Qui vi sono donne e uomini che rischiano la propria vita pur di affermare e raccontare il vero senza patteggiare né per ribelli  o gruppi religiosi né per il regime". Per il vescovo ogni cristiano, soprattutto se consacrato e pastore, ha il dovere di testimoniare e di seguire la strada della verità  in questa terra martoriata non solo dalle bombe, ma anche dall'odio fomentato attraverso le menzogne. (S.C.)