Un rapporto Onu accusa i ribelli siriani di aver usato armi chimiche
Le indagini sono ancora distanti da una conclusione definitiva. Il documento si basa su interviste a medici e vittime esposti al gas sarin. Carla Del Ponte, membro della Commissione Onu sui crimini di guerra punta il dito contro le milizie islamiste straniere attive in Siria. L'inviato speciale di Onu e Lega Araba minaccia le dimissioni: "I miei sforzi hanno prodotto troppo poco. Mi scuso con il popolo siriano".

Damasco (AsiaNews/ Agenzie) - Si infittisce il mistero sull'utilizzo di armi chimiche nella guerra civile siriana. La Commissione di inchiesta della Nazioni Unite sui crimini di guerra sostiene che fino ad ora solo i ribelli avrebbero fatto uso di gas sarin per combattere l'esercito di Assad. Le rivelazioni dell'Onu giungono proprio durante le discussioni della comunità internazionale su un eventuale sostegno armato ai ribelli e per  un possibile intervento diretto in Siria. Ad aumentare le tensioni, vi sono anche i raid aerei dell'esercito israeliano contro alcuni depositi missilistici di proprietà iraniana nascosti a Damasco.

In un'intervista alla Radio svizzera italiana, Carla Del Ponte ex procuratore del Tribunale penale internazionale e membro della Commissione ha dichiarato che "Stando alle testimonianze che abbiamo raccolto i ribelli hanno usato armi chimiche, facendo ricorso al gas sarin". Tuttavia, secondo il funzionario Onu "le indagini sono ancora distanti da una conclusione definitiva".

Le tracce di gas sarin su vestiti e pelle scompaiono dopo sole tre settimane dall'esposizione. Quindi, per le sue indagini la Commissione si è affidata soprattutto a referti medici e interviste ad operatori sanitari in ospedali e cliniche. Iniziate in marzo, le ricerche sono concentrate nella provincia di Damasco, Homs e Aleppo.

La Del Ponte spiega che gli investigatori Onu hanno raccolto  prove "sul posto e hanno interrogato le vittime e i medici degli ospedali". L'ex magistrato elvetico afferma che l'ultimo rapporto redatto dagli operatori mostra concreti sospetti, se non ancora prove inconfutabili, sull'utilizzo di gas sarin negli scontri. Ciò è emerso dalle cure somministrate alle vittime". L'analisi dei dati e delle testimonianze delle persone esposte al gas vedrebbe per ora fra i principali imputati i ribelli e non il governo. La del Ponte punta il dito contro le milizie jihadiste straniere attive sul suolo siriano e non sugli oppositori del Free Syrian Army.  "Tale fatto - spiega - non ci sorprende perché nell'opposizione si sono infiltrati combattenti stranieri".

"Le nostre inchieste - conclude - dovranno essere ancora approfondite verificate e accertate attraverso nuove testimonianze ma, per quanto abbiamo potuto stabilire, al momento sono solo gli oppositori al regime ad aver usato il gas (nervino) sarin. In futuro le indagini potranno stabilire se anche il governo di Damasco abbia, o meno, utilizzato questo tipo di armi".

Le discussioni su un possibile intervento allontanano sempre di più la strada del dialogo fra le parti proposta da Lakhdar Brahimi, inviato speciale per Onu e Lega Araba in Siria. Come già fece il suo predecessore Kofi Annan, anche il diplomatico ha espresso la sua frustrazione per i pochi risultati raggiunti e minaccia di dimettersi dall'incarico. "Sono dispiaciuto che i miei sforzi abbiano prodotto così poco - ha affermato nei giorni scorsi in una riunione del Consiglio di sicurezza Onu - mi scuso con il popolo siriano". A convincere Brahimi della sua impotenza è stata la risoluzione firmata il 26 marzo dalla Lega Araba per assegnare il seggio siriano ai ribelli dell'opposizione e fornire loro armi. Atto considerato affrettato e pericoloso dallo stesso inviato speciale. In aprile, parlando al Consiglio di sicurezza, Brahimi ha puntato il dito contro la decisione dei Paesi arabi, ultimo di una serie di segni che provano che i leader giudicano la via del dialogo "impossibile e inutile".