Pechino contro tutti nel mar Cinese meridionale
Hanoi vuole creare un fronte unito fra i Paesi Asean, per contrastare il dominio di una Cina che resta il suo principale alleato e partner commerciale. Le proteste interne contro Pechino specchio della lotta contro l’egemonia del partito unico. Gli Stati Uniti rilanciano l’alleanza con Giappone e Filippine. Moderazione sul fronte cinese in attesa dell’incontro fra Barack Obama e Xi Jinping.

Hanoi (AsiaNews/Agenzie) - Hanoi lavora per creare un fronte unito Asean contro le rivendicazioni di Pechino nel mar Cinese meridionale e guarda con preoccupazione alle proteste interne contro "l'imperialismo" della Cina, pur principale alleato del governo comunista in Vietnam. Nel corso della 12ma conferenza annuale sulla sicurezza in Asia - i cosiddetti dialoghi di Shangri-La (Sld) - il premier Nguyen Tan Dung ha auspicato una "unione" di intenti fra le nazioni del sud-est asiatico in chiave anti-cinese. Tuttavia, sul versante interno Hanoi continua a reprimere le manifestazioni di piazza; ieri le forze di sicurezza hanno fermato 150 persone, intente a protestare contro Pechino in un popolare parco pubblico della capitale. Il timore è che il risentimento contro la Cina, principale sostenitore del governo e dei vertici comunisti in Vietnam, si possa trasformare in una lotta popolare contro l'egemonia del partito unico vietnamita.

Da parte sua la delegazione cinese presente al vertice ha lanciato appelli alla "cooperazione", per allentare la tensione nella regione Asia-Pacifico dove si concentrano anche gli interessi strategici degli Stati Uniti. Nel mar Cinese meridionale e orientale si giocano sfide importanti per lo sfruttamento di giacimenti petroliferi e gas naturali racchiusi nel sottosuolo marittimo, oltre che il controllo delle principali rotte commerciali.

Il segretario statunitense alla Difesa Usa Chuck Hagel, presente alla tre giorni di incontri, ha rilanciato le mire di Washington sull'Asia, rafforzando (con grande disappunto di Pechino) l'alleanza politico-commerciale con Filippine, Indonesia e Giappone. L'amministrazione Obama intende sfruttare il trend di crescita nella regione, per rafforzare la propria economia in difficoltà. Di contro, per Pechino la presenza statunitense - sempre più legata a Manila e Tokyo - è vista come un tentativo di contenere la forza militare ed economica della Cina.

Tuttavia, la delegazione cinese ha mantenuto un basso profilo, mostrando un atteggiamento di apertura rispetto al recente passato. La posizione degli alti ufficiali del People's Liberation Army (l'esercito cinese) potrebbe essere legata al summit informale che, la prossima settimana, vedrà uno di fronte all'altro il presidente cinese Xi Jinping  e l'omologo statunitense Barack Obama. Una posizione di apertura peraltro apprezzata dalle Filippine, che restano un "alleato chiave" degli Usa nell'area.

Fra le nazioni della regione Asia-Pacifico, la Cina è quella che avanza le maggiori rivendicazioni in materia di confini marittimi nel mar Cinese meridionale. Le isole Spratly e Paracel, quasi disabitate, sono assai ricche di risorse e materie prime. L'egemonia nell'area riveste un carattere strategico per il commercio e lo sfruttamento di petrolio e gas naturale nel fondo marino. A contendere le mire espansionistiche di Pechino vi sono il Vietnam, le Filippine, la Malaysia, il sultanato del Brunei e Taiwan.