L’economia giapponese riparte, ma il Paese ha bisogno del nucleare
Per l’Asahi Shimbun, la popolazione è confusa sulla riapertura delle centrali atomiche fondamentali per la produzione industriale nazionale: da una parte si teme ancora “l’effetto Fukushima”, dall’altra cresce il fronte di chi appoggia il premier Abe e la sua politica energetica. In Corea la chiusura delle strutture crea tensioni sociali: la Chiesa invita tutti alla calma e al dialogo.

Tokyo (AsiaNews) - La crisi energetica che ha colpito l'estremo Oriente dopo la chiusura delle centrali nucleari in Giappone sta avendo "enormi ripercussioni" sulle economie di Giappone e Corea del Sud. Lo sostiene un sondaggio condotto fra i giapponesi dal quotidiano Asahi Shimbun: secondo i dati raccolti dal giornale il 60 % della popolazione non vuole vedere riaperte le centrali, ma il 51 % si aspetta "miglioramenti economici" dal governo.

La chiusura dei reattori è stata ordinata dall'esecutivo dopo il disastro di Fukushima, avvenuto nel marzo del 2011. Le strutture sono state blindate e sottoposte a controlli di sicurezza rigorosi, ma sono ancora inutilizzate: il governo guidato da Shinzo Abe ha annunciato che intende riaprirle entro l'estate per far calare i prezzi dell'energia e far ripartire la produzione industriale.

I dati raccolti dall'Asahi mostrano un Paese molto diviso sulla questione. Il 27 % della popolazione approva l'uso del nucleare per la crescita economica, ma il 58 % non vuole la riapertura delle centrali. Allo stesso tempo, il 51 % si dice d'accordo con le politiche di Abe per la ripresa economica, anche se la stragrande maggioranza degli intervistati sostiene che l'economia nazionale "non sia migliorata" dall'inizio del governo, insediatosi nel dicembre 2012. Secondo il Gabinetto nazionale, invece, da gennaio a marzo 2013 l'economia sarebbe cresciuta dell'1 % rispetto ai dati del trimestre precedente.

La tragedia di Fukushima ha creato un effetto a valanga anche su Corea del Sud e Taiwan, nazioni che usano l'energia atomica da diversi decenni. Il governo di Seoul è stato costretto dall'opinione pubblica a "congelare" le centrali nazionali per "revisionarle", e nell'ultimo mese - per tenere sotto controllo i prezzi dell'energia - ha approvato la costruzione di centrali elettriche alternative.

Una di queste, nei pressi della città di Miryang, non è però gradita alla popolazione locale che la ritiene inutile e dannosa. La Korea Electric Power Corporation (Kepco) ha proceduto nei lavori di costruzione fino a che un gruppo di manifestanti non si è incatenato ai cancelli lo scorso 24 maggio. Per cercare di calmare le acque, la Commissione episcopale Giustizia e Pace sudcoreana ha richiamato "entrambe le parti alla calma".

Il presidente della Commissione, mons. Mattia Ri Iong-hoon, ha inviato un messaggio ai manifestanti e alla dirigenza della Kepco: "Niente è più importante della vita umana, quindi una costruzione che danneggia i residenti non può essere giustificata. Tuttavia, la questione va affrontata con saggezza: fermate la costruzione e riprendete il dialogo, in modo da poter risolvere la questione in maniera pacifica".

A Taiwan si discute invece della "Nuke 4", la quarta centrale in costruzione nella Nuova Taipei. Anche se l'isola punta a divenire del tutto eco-sostenibile entro il 2025, per ora il governo intende proseguire con la costruzione della struttura per mantenere bassi i costi dell'energia. Ma la decisione ha creato diverse polemiche interne.