Pechino, da giorni la polizia "tollera" un sit-in pro diritti umani
Un gruppo composto da oltre 100 persone sta manifestando dal 18 giugno scorso davanti al ministero degli Affari esteri per chiedere al governo di partecipare alla stesura del Rapporto annuale sui diritti umani da presentare in ottobre all’Onu. Per ora la polizia si limita a monitorare l’area, mentre si apre il processo contro un dissidente che chiese la stessa cosa nel 2012.

Pechino (AsiaNews) - Un gruppo di attivisti sta portando avanti dal 18 giugno scorso un sit-in presso il ministero cinese degli Affari esteri per chiedere al governo di partecipare alla stesura del Rapporto annuale sui diritti umani preparato dall'esecutivo su richiesta del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Fra i circa 100 manifestanti - che aumentano ogni giorno - c'è anche Cao Shunli, in prima fila sin dal 2008 nella battaglia per una "maggiore onestà" nel Rapporto. La notizia è riportata dal Chinese Human Rights Defender.

Lo Universal Periodic Review (Upr) deve essere consegnato al Palazzo di vetro entro ottobre: i manifestanti chiedono di inserire la questione delle petizioni [le richieste presentate dai comuni cittadini al governo centrale, che finiscono molto spesso con arresti sommari e condanne extra-giudiziarie, ndr] ed altri argomenti relativi ai diritti umani nel testo. Negli scorsi anni, infatti, le centinaia di persone fermate dalla polizia per essersi presentate a Pechino con le proprie lagnanze non erano inserite nel campo delle "violazioni ai diritti umani", ma venivano considerati "affari interni" alla vita sociale del Paese.

La polizia non ha sciolto il sit-in. Diversi agenti hanno in un primo momento chiesto ai manifestanti di "sgomberare l'area" ma, dopo che questi hanno spiegato i loro motivi, li hanno lasciati in pace. Per il momento si limitano a monitorare da vicino la zona dove si sta svolgendo la manifestazione pacifica. L'atteggiamento è del tutto diverso da quello tenuto fino ad adesso dalle forze dell'ordine in caso di manifestazioni pubbliche.

Per anni, infatti, le autorità hanno intimidito o molestato gli attivisti che operano per una maggiore trasparenza e partecipazione nel campo del rispetto dei diritti umani in Cina. Diversi leader democratici sono stati condannati agli arresti domiciliari nel 2008, quando per la prima volta avevano chiesto di partecipare alla stesura dell'Upr. Nell'ottobre del 2012 il governo rispose a Cao Shunli dicendo che il Rapporto "coinvolge segreti di Stato" e quindi "non può essere condiviso con il pubblico".

Lo scorso 8 giugno si è aperto il processo contro Peng Lanlan, attivista dell'Hunan arrestato nell'agosto del 2012 e torturato in carcere per essersi unito alle richieste dei manifestanti.