Hanoi conferma la condanna per l’eroe della lotta agli espropri forzati
Il tribunale d'appello ha respinto il ricorso: cinque anni di carcere per Peter Doan Van Vuon, leader della "famiglia coraggio". Anche il fratello ha visto confermata la sentenza di primo grado; pena ridotta ad altri due familiari. Crescono in Vietnam le controversie relative al possesso e all’utilizzo dei terreni.

Hanoi (AsiaNews/Agenzie) - I giudici della Corte di appello hanno respinto il ricorso presentato dai legali di Peter Doan Van Vuon, imprenditore nel settore ittico e leader della "famiglia coraggio", protagonista della lotta contro gli espropri forzati attuati dal governo vietnamita. Il tribunale ha confermato, in secondo grado, la pena inflitta in prima istanza lo scorso aprile a cinque anni di reclusione; egli è stato incriminato con l'accusa di "tentato omicidio", per aver aperto il fuoco e lanciato bombe artigianali contro gli agenti intervenuti a sequestrare beni e terreni pur senza l'intenzione di colpirli. Per la sua liberazione si sono battute - invano - associazioni per i diritti umani, movimenti e i vertici della Chiesa cattolica locale.

Le controversie sull'uso dei terreni sono un problema comune nel Vietnam comunista, dove la terra è di proprietà dello Stato e i diritti dei singoli non sono protetti né riconosciuti. Fonti ufficiali confermano che il 70% delle cause e delle petizioni riguarda proprio dispute sulle terre con le autorità centrali o locali.

Il caso di Doan Van Vuon e della famiglia coraggio è stato seguito con attenzione nel Paese asiatico, con appelli e iniziative volte a ottenere la scarcerazione che hanno oltrepassato i confini nazionali. Al termine del processo di appello, durato due giorni, il Tribunale supremo del popolo ha deciso di respingere al mittente l'appello dell'uomo, 50enne e veterano di guerra, confermando i cinque anni di galera.

I giudici hanno inoltre deciso di confermare la condanna a cinque anni di carcere per Doan Van Quy, uno dei fratelli del principale imputato, anch'egli alla sbarra per tentato omicidio e resistenza a pubblico ufficiale. Di contro, la Corte ha ridotto i termini di galera per altri due membri della famiglia, con uno sconto di pena variabile fra i cinque e i 19 mesi.

La vicenda che vede protagonista la famiglia di Doan Vuon è solo l'ultimo episodio di una lunga serie di scontri fra autorità e cittadini, fra governo e Chiesa cattolica, per il possesso di terreni e la proprietà di edifici o attività commerciali. In questo caso la diatriba ruota attorno ai 40 ettari di terra che Peter ha ottenuto nel 1993 dietro concessione governativa; nel corso degli anni, grazie al suo lavoro, ha trasformato paludi e acquitrini in un'azienda ittica. Nel 2009, quando cominciavano ad arrivare i primi guadagni, le autorità in modo del tutto arbitrario hanno deciso di rivendicare i diritti sulla zona; dopo una lunga battaglia, il 24 novembre 2011 l'amministrazione ha emanato un ultimatum, in cui imponeva alla famiglia di abbandonare terre e attività. 

Invece subire l'abuso, Peter e i familiari hanno deciso di reagire: il 5 gennaio 2012 un gruppo di militari si è avvicinato all'area per applicare il decreto di esproprio. I soldati sono stati "accolti" da una selva di colpi: proiettili e bombe a mano che non intendevano uccidere, ma impedire l'accesso all'interno della residenza. Lo scontro non ha fatto registrare morti o feriti; a distanza di qualche giorno, le forze dell'ordine hanno compiuto una nuova irruzione, arrestando i membri della famiglia ora a processo per "omicidio". La loro strenua difesa ha raccolto la solidarietà di cattolici e non, stupiti dalla determinazione dei Doan Vuon nel difendere il proprio lavoro. In passato anche il presidente della Commissione episcopale di "Giustizia e Pace" della Chiesa vietnamita, mons. Paul Nguyen Thai Hop e il vescovo di Hai Phong mons. Joseph Vu Van Thien hanno lanciato una petizione in cui chiedevano il proscioglimento completo degli imputati.