Siria, l'Onu lancia l'inchiesta sulle armi chimiche. La comunità internazionale si spacca
Il team di esperti è entrato oggi a Ghouta, a nord di Damasco, per verificare l'uso di gas nervino sui civili. Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Turchia si preparano a un'azione militare anche senza il benestare dell'Onu. Mosca ricorda ai Paesi anti-Assad "gli errori commessi in Iraq".

Damasco (AsiaNews/ Agenzie) - Il governo siriano ha concesso all'Onu di investigare sul presunto utilizzo di armi chimiche contro la popolazione civile. Anche i ribelli hanno offerto piena disponibilità agli esperti delle Nazioni Unite. E oggi il team del Palazzo di Vetro ha aperto un'inchiesta ufficiale, mentre la comunità internazionale si spacca sul futuro del conflitto.

Ieri Walid Muallem, ministro degli Esteri siriano, ha affermato "che la Siria è pronta a collaborare con gli ispettori Onu per dimostrare che le accuse mosse dai gruppi terroristi (ribelli)...sono menzogne". Secondo l'opposizione l'attacco avvenuto nei giorni scorsi a Ghouta, quartiere a nord di Damasco, è costato la vita a 1300 persone. L'uso di agenti neurochimici è confermato anche da Medici senza frontiere, che in tre ospedali di Damasco avrebbe trovato tracce di agenti su 3.600 ricoverati, di questi 355 sono morti.

Tuttavia le aperture del governo di Damasco non cambiano la posizione della comunità internazionale su un eventuale intervento militare in Siria, fatta eccezione per i grandi alleati del regime Russia e Iran. Finora gli unici appelli alla riconciliazione e alla fine delle ostilità giungono dal Vaticano. Ieri, il papa ha sollecitato tutti i Paesi coinvolti perché in Siria cessi "il rumore delle armi e si lavori per la pace attraverso l'incontro e il dialogo che fermino questa guerra fra fratelli".

Nonostante l'ennesimo appello di papa Francesco, la linea comune dell'occidente e dei suoi alleati resta ancora quella dello scontro armato. Ieri Chuck Hagel, segretario alla Difesa statunitense, ha affermato che l'esercito americano "è pronto a rispondere a qualsiasi cambio di scenario" ma, per l'intelligence, il governo sta ancora valutando le sue mosse. Per un intervento armato è anche Francois Hollande, presidente francese, secondo cui "non vi sono dubbi che quanto accaduto il 21 agosto è un attacco di natura chimiche e le prove raccolte finora dimostrano che il regime siriano è il principale responsabile di questo atto inqualificabile".

La posizione più dura è quella della Turchia. Ieri, in un'intervista al quotidiano turco Milliyet, Ahmet Davutoglu, ministro degli Esteri turco, ha sottolineato: "La Turchia  parteciperà a qualsiasi azione contro il regime di Assad, con o senza il benestare dell'Onu".

Mentre Barack Obama, presidente degli Stati Uniti, e il premier britannico Cameron discutono sul da farsi, il quotidiano londinese Telegraph svela alcuni rapporti secondo i quali la Marina britannica si starebbe preparando a una possibile serie di attacchi missilistici.

Sul fronte opposto Mosca invita gli Stati Uniti e i loro alleati a riflettere. Nei giorni scorsi, in un comunicato, il ministero degli Esteri russo ha commentato le voci di un intervento armato "ricordando gli eventi accaduti 10 anni fa in Iraq, quando gli Stati Uniti hanno utilizzato informazioni false su armi di distruzioni massa in mano a Saddam Hussein, per scavalcare le Nazioni Unite, avviando un'escalation le cui conseguenze sono note a tutti". La posizione della Russia è condivisa dall'Iran, che contrattacca. Attraverso Massoud Jazayeri, vice capo di Stato maggiore, la Repubblica islamica lancia una minaccia agli Stati Uniti: "Se Washington attraverserà la linea rossa, ci saranno gravi conseguenze per la Casa Bianca".