Chiesa a Zamboanga: come papa Francesco, preghiamo per la pace fra esercito e islamisti
Nell’area teatro di scontri violenti fra truppe filippine e ribelli, i cattolici lanciano appelli alla riconciliazione. Il bilancio parziale è di sei morti – fra cui civili – e 24 feriti. I fondamentalisti sequestrano oltre 200 civili e chiedono l’indipendenza. In città chiese aperte per accogliere rifugiati cristiani e musulmani.

Zamboanga (AsiaNews/Cbcp) - I vertici della Chiesa cattolica a Zamboanga, nel sud delle Filippine, teatro ieri di violentissimi scontri fra esercito governativo e gruppi islamici ribelli del Moro National Liberation Front (Mnlf), lanciano appelli alla pace e alla riconciliazione. Prendendo esempio dalle parole di papa Francesco su un possibile attacco alla Siria, mons. Guillermo Afable - vescovo di Digos - invita alla preghiera per scongiurare un'escalation del conflitto. E aggiunge che uno scontro armato "non è foriero di pace, ma serve solo a originare ulteriore violenza". "Come ha detto papa Francesco - ha aggiunto il prelato - continuiamo a pregare per la pace nel mondo, perché tutti questi conflitti sono collegati fra loro e frutto dell'opera del maligno".

È di almeno sei morti, fra cui un poliziotto, un addetto della marina e quattro civili il bilancio degli scontri; l'attacco ha inoltre causato 24 feriti, alcuni dei quali in modo grave. Il gruppo ribelle ha sequestrato decine di civili come ostaggi e, per la loro liberazione, chiedono come prima condizione di poter dichiarare l'indipendenza della regione dal governo filippino. Episodi di violenza fra i due fronti continuano anche oggi e la situazione non sembra destinata a migliorare.

Un appello per la pace viene lanciato anche da mons. Crisologo Manongas, amministratore apostolico dell'arcidiocesi di Zamboanga, secondo cui "dialogo e negoziati" sono la sola via per mettere la parola fine ai conflitti a Mindanao. Scuole e attività lavorative, testimonia il prelato, sono state interrotte a causa delle violenze; la città e l'intera provincia sono ai massimi livelli di allerta. Anche la cattedrale è a rischio infiltrazione di elementi estremisti. "Non si tratta di un conflitto di natura religiosa - conclude il prelato - ma di uno scontro di natura prettamente politica" e il governo non deve cedere ai ricatti, ma intavolare un negoziato.

I vertici della Chiesa filippina condannano senza mezze misure le violenze di questi giorni nel sud dell'arcipelago, che finiscono per colpire anche innocenti fra cui bambini. Ci rivolgiamo alla leadership del Mnlf, ha aggiunto il prelato, perché "deponga le armi". Infine, mons. Manongas ricorda che le chiese dell'arcidiocesi "sono aperte sia per i cristiani che per i musulmani" colpiti nell'attacco.

I ribelli islamisti del Mnlf, fronte separatista islamico nato alla fine degli anni '60, reclamano l'indipendenza da Manila e la creazione di un Paese musulmano nell'arcipelago meridionale di Mindanao, ricco di risorse sotterranee. A dispetto di un trattato di pace firmato nel 1996, le ostilità tra ribelli e autorità centrale hanno continuato a segnare il sud del Paese a fasi alterne, portando anche alla scissione del fronte indipendentista in gruppi minori. Tra questi, il Moro Islamic Liberation Front (Milf) ha firmato con Manila una bozza di pace a Kuala Lumpur nei mesi scorsi; tale tregua, accolta con scetticismo da entrambe le parti, rischia di sfumare a seguito di attacchi come quello odierno.