Sri Lanka, cattolici e tamil non credono al censimento sulle vittime della guerra civile
di Melani Manel Perera
È iniziato il censimento nazionale che controllerà e documenterà i danni (a persone e cose) causati dal conflitto etnico. Alcuni sacerdoti e attivisti definiscono l'indagine "non credibile" perché organizzata dal governo, accusato di crimini di guerra. Attivista tamil: "Il presidente crea commissioni per sfuggire alle situazioni scomode".

Colombo (AsiaNews) - Una "reazione alle pressioni della comunità internazionale" che però "non darà risposte vere alle vittime della guerra civile" in Sri Lanka. È così che alcuni sacerdoti cattolici e attivisti tamil definiscono il censimento nazionale lanciato dal presidente Mahinda Rajapaksa, per verificare i dettagli delle persone ferite, rese disabili e scomparse dal 1983 al 2009, durante il conflitto etnico.

Lanciata il 28 novembre scorso, l'indagine andrà avanti per sei mesi. Ad occuparsene saranno 16mila funzionari governativi, che dovranno compilare un resoconto completo e definitivo dei danni causati dal conflitto. L'esecutivo ha accettato di avviare questo censimento solo in seguito alle accuse di crimini di guerra emerse nell'incontro dei leader del Commonwealth. Tuttavia, Rajapaksa ha continuato a sostenere - come ha sempre fatto - che "nessun civile" è morto nei combattimenti.

Secondo p. Oswald B. Firth, omi, ex direttore nazionale della Caritas Sri Lanka, l'indagine non è credibile. "Anche se un'inchiesta su scala nazionale è la benvenuta - afferma ad AsiaNews -, gli operatori che dovranno condurla non sono credibili. I responsabili dell'organizzazione sono il ministero della Pubblica amministrazione e degli affari interni e il Dipartimento di censimento e statistica, che sono organi del governo. Nessun governo vorrebbe calciare un autogoal".

P. Terrence Fernando sottolinea un altro punto: "Esecuzioni e sequestri avvengono ancora oggi, non sono finiti. Questa è una terra di assassini. Non credo che questa inchiesta porterà un qualche conforto alle famiglie delle vittime".

Per Suren Surendiran, portavoce del Global Tamil Forum, "Mahinda Rajapaksa crea commissioni di vario tipo per fuggire dalle situazioni scomode che gli piombano tra capo e collo. Ricordiamoci che lui è lo stesso uomo che, alla fine della guerra, affermava che non c'erano vittime civili. Al contrario, si sa che più di 100mila persone sono morte nelle mani dei militari, di cui lui è comandante in capo. Poco prima che terminasse il conflitto, egli affermò che solo 5-10mila civili erano rimasti nelle no-fire zone. Quando tutto è finito, più di 300mila persone sono uscite da quelle aree".