Indonesia, critiche contro Yudhoyono: riduce i poteri della Commissione sulla corruzione
di Mathias Hariyadi
Il Parlamento ha approvato nuove norme che modificano il Codice penale e il Codice di procedura penale. Gli emendamenti “ridurrebbero” poteri e operatività della Kpk. Attivisti accusano il presidente di voler coprire vicende di malaffare che coinvolgerebbero anche il secondogenito. Il tema della corruzione dominerà la campagna elettorale per le presidenziali di ottobre.

Jakarta (AsiaNews) - Le nuove norme in materia di corruzione promosse dal Parlamento indonesiano (Dpr), che vanno a modificare parti del Codice penale (Kuhp) e del Codice di procedure penale (Kuhap), rischiano di indebolire il raggio di azione della Commissione anti-corruzione (Kpk). Un risvolto che preoccupa molto attivisti e società civile indonesiana, secondo cui le modifiche volute dall'assemblea "ridurrebbero" in modo drastico l'operatività della Kpk nella lotta a tangenti, bustarelle e corruttela varia. Del resto già in passato i vertici della Commissione hanno denunciato in pubblico norme e leggi emanate dai parlamentari in materia di giustizia, che finivano per ostacolare la lotta contro il malaffare diffuso nel Paese. 

Membri della società civile ritengono che dietro le mosse del ministero per gli Affari legali e i diritti umani, subito rilanciate dalla Camera, vi sia un preciso disegno dell'amministrazione guidata dal presidente Susilo Bambang Yudhoyono e dai deputati, che vogliono "castrare" i poteri della Kpk. 

Negli ultimi tre anni la Commissione anti-corruzione ha eseguito una serie di operazioni di successo in tutto il Paese, mietendo vittime illustri e facendo emergere casi clamorosi di malaffare in vari settori, dalla giustizia, alla politica fino all'economia. Tra i tanti, ricordiamo l'arresto di un ministro di primo piano dell'attuale esecutivo e del presidente della Corte costituzionale, lo scandalo che ha investito il mondo del petrolio e gli intrighi che hanno portato alla rielezione dell'ex governatore della Banca centrale. Del resto il tema della corruzione sarà uno degli argomenti chiave attorno ai quali si giocheranno le prossime elezioni generali ad aprile e quelle presidenziali ad ottobre. 

Le inchieste della Kpk si sono concluse con pesanti condanne, che hanno aperto le porte del carcere a politici di punta del Partito democratico e del movimento filo-islamista Prosperous Justice Party, fra i quali lo stesso leader Lufthi Hassan. Le pressioni della politica sulla Commissione sono aumentate nelle ultime settimane, quando è emersa una vicenda di malaffare che rischia di travolgere anche uno dei figli del presidente, il secondogenito Eddhie "Ibas" Bhaskoro Yudhoyono (nella foto), già segretario generale dei Democratici. 

A lungo figure di primo piano del partito, fra cui il parlamentare Sutan Bathoegana, presidente della Commissione parlamentare sulle Miniere e l'energia, hanno negato qualsiasi coinvolgimento della famiglia Yodhoyono in vicende di corruzione. Una posizione smentita dalle ultime rivelazioni, secondo cui la Kpk ha aperto una procedura per l'attività di lobbying svolta da Ibas durante un'asta riguardante concessioni nel settore del gas naturale. L'inchiesta sarà chiamata a far luce anche sulle posizioni dello stesso Sutan Bathoegana e di altri 12 deputati. 

In seno all'opinione pubblica crescono i dubbi in merito al reale impegno profuso dal presidente Yudhoyono e dal suo governo nella lotta alla corruzione; il via libera dato dall'amministrazione alla modifica del codice penale e del codice di procedura penale costituiscono, secondo molti, la prova che egli intende indebolire la Kpk. Un'accusa respinta dal portavoce Julian Aldrin Pasha e dal vice-ministro per la Giustizia Denny Indrayana, secondo cui il capo di Stato ha "sempre sostenuto" le iniziative della Commissione "anche quando venivano promosse senza l'autorizzazione di un giudice".