La lezione di Khodorkovskij, per un dialogo fra russi e ucraini
di Vladimir Rozanskij
Mentre crescono le minacce reciproche di Vladimir Putin e degli Stati Uniti e Crimea e Kiev si accusano a vicenda, l'ex oligarca dà prova di comprendere e gli ucraini e i russi. Le prese di posizione politiche e militari devono lasciare spazio al dialogo fra la popolazione.

Mosca (AsiaNews) - In questi giorni di relativa calma in Ucraina, dopo l'epopea della rivoluzione del Majdan e la goffa prova di forza dei russi in Crimea, l'evento più interessante è stato senza dubbio lo "show" - a dire dei media russi - di Michail Khodorkovskij nei teatri di Kiev, la scorsa settimana. L'ex-oligarca e petroliere, ora anche ex-prigioniero politico principale dell'epoca putiniana, è l'unico russo ad essere intervenuto direttamente sulla scena ucraina, visto che perfino l'esercito russo di Putin si è camuffato da "guardia locale" anti-sommossa. E in generale, in due mesi di tensioni, scontri, rivoluzioni, colpi di stato e minacce armate, non sono emerse figure significative in grado di rispondere veramente alle domande degli insorti, degli studenti e del popolo sia ucraino che russo. L'altra grande ex-prigioniera Julia Timoshenko, leader naturale della parte vincente della rivoluzione, è apparsa piuttosto spenta e indebolita dopo la reclusione, e non ha saputo indicare una direzione chiara al destino del suo popolo, limitandosi a chiedere all'Europa di essere più dura con Putin e preparandosi a vincere facilmente le prossime elezioni presidenziali, evento che richiede un giusto periodo di recupero della forma fisica ed estetica, magari in una clinica di quella stessa Germania che sta ospitando il semi-esule Khodorkovskij.

L'ex-padrone della Yukos è del resto il vero antagonista storico di Vladimir Putin, che in quindici anni di regno si è sbarazzato di tutti gli altri oligarchi, cacciandoli o assoggettandoli. Per il resto, Putin ha narcotizzato in modo totale le istituzioni politiche russe, i partiti, il parlamento, i vari soggetti federali a cui ha tolto ogni autonomia in nome della "verticale del potere", lo slogan di inizio decennio con cui aveva smontato l'allegro caos organizzato della Russia di Eltsin. Anche le timide adunanze di piazza moscovita degli ultimi anni, i cosiddetti bolotnye (dalla piazza Bolotnaya dove si radunano), hanno prodotto soltanto una figura pur interessante e moderna come il blogger Alexey Navalnyj, il cui messaggio peraltro non va oltre le denunce anticorruzione e l'ansia di scalzare i vecchi squali dell'amministrazione, tipica di tutta l'antipolitica di moda oggi anche in Europa.

La presenza di Khodorkovskij a Kiev nei giorni scorsi è stata anche il suo primo intervento pubblico dopo la liberazione concessa da Putin subito prima delle Olimpiadi di Sochi, e ha segnato quindi in un certo senso il suo vero debutto in politica: dieci anni fa, quando fu arrestato, era ancora soltanto un imprenditore, e le sue riflessioni sulla vita della società si sono manifestate progressivamente durante gli anni di detenzione. Ebbene, queste riflessioni hanno trovato il primo palcoscenico pubblico proprio in Ucraina: Khodorkovskij è stato capace di costringere tutti a ripensare a quanto accaduto, intervenendo certo per sostenere la lotta per la libertà del popolo ucraino, ma in nome degli "interessi della Russia" e non contro di essi, e neppure contro lo stesso Putin, cui ha suggerito di evitare azioni belliche, ma riconoscendo di essere in fondo d'accordo con lui.

I vari interventi del "pubblicista russo", come è stato definito sui manifesti che invitavano al suo ascolto, sono stati accolti da folle traboccanti, soprattutto al Politecnico di Kiev, dove al relatore sono state rivolte un'infinità di domande. Il suo tono pacato e l'appello al buon senso, il tentativo di porsi come mediatore tra le parti in conflitto, il realismo nelle valutazioni hanno lasciato gli ascoltatori a metà tra il soddisfatto e l'incompiuto, e proprio questo è stato uno degli aspetti più impressionanti di questi incontri: il popolo, la gente comune di ogni ceto, sia in Ucraina che in Russia, ha una grande voglia di conoscere le risposte ai suoi bisogni, ma non sa a chi porre le domande. Non certo ai politici di ogni orientamento; non ai giornalisti "di regime" o "anti-regime", comunque lontani da qualunque obiettività; non agli intellettuali, gli unici a cui Khodorkovskij ha rivolto un appello diretto: uniamoci per ritrovare il senso della nostra storia, e dei rapporti tra i nostri popoli. Nemmeno alla Chiesa o alle Chiese, nel caso dell'Ucraina, troppo compromesse col potere per avere il coraggio di dire parole in grado di raggiungere il popolo.

La gente vuole essere protagonista, e in Ucraina sono morti per questo. Il Majdan (che non è una "piazza", come scrivono gli occidentali, ma uno spazio più ampio e aperto, e oggi non solo in senso geografico) è sommerso dai fiori in onore della "Centuria Celeste", il gruppo dei cento morti per la libertà che sembra evocare antiche legioni di angeli cantate dai Padri della Chiesa, i messaggeri di Dio che facciano sentire una voce non omologata e non confusa. Russi e ucraini sono arrivati a considerare profeta anche un petroliere pentito: forse il tempo degli angeli è soltanto all'inizio.