Attivista indiano: Narendra Modi e Arwind Kejriwal, pericolosi come "Hitler e Mussolini"
di Nirmala Carvalho
Per Lenin Raghuvanshi, che lavora per lo sviluppo dei dalit, Modi (Bjp, partito nazionalista indù) e Kejriwal (Aap, partito anticorruzione) "da posizioni politiche diverse stanno cercando di distruggere il tessuto pluralistico di Varanasi". I due leader hanno scelto di candidarsi al seggio della città per le elezioni generali.

Mumbai (AsiaNews) - Due facce della stessa medaglia: "Narendra Modi è Hitler e Arvind Kejriwal è Mussolini". Così Lenin Raghuvanshi, attivista per i diritti umani di Varanasi, commenta ad AsiaNews la decisione dei due leader politici di partecipare alle imminenti elezioni generali al seggio della sua città. Secondo il direttore del People's Vigilance Committee for Human Rights (Pvchr), entrambi sono personaggi che dividono: "Da posizioni politiche diverse stanno cercando di distruggere il tessuto pluralistico della città sacra di Varanasi". Modi è il candidato premier del Bharatiya Janata Party (Bjp), partito nazionalista indù, e Kejriwal dell'Aam Aadmi Party (Aap, "L'uomo comune"), il partito anticorruzione.

Dopo i rispettivi annunci delle candidature, molti commentatori e analisti in India hanno definito lo scontro "epico". Tuttavia, Raghuvanshi sottolinea che "in alcun modo porteranno dei benefici al bene delle minoranze di Varanasi, ma distruggeranno soltanto l'armonia tra le diverse comunità che esiste ora".

La città dell'Uttar Pradesh è considerata sacra per l'induismo, ma ha un grande valore anche per altre filosofie e tradizioni religiose del Paese, come il buddismo, il sikhismo, l'islam e il giainismo.

"È noto a tutti - spiega l'attivista - che la Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss) nutre grande ammirazione per Hitler. E questa organizzazione è una sostenitrice devota di Narendra Modi". Il politico ha mosso i primi passi nel mondo della politica indiana proprio tra le fila della Rss, gruppo fondamentalista indù paramilitare responsabile - tra l'altro - di violenti attacchi contro le minoranze etniche, sociali e religiose del Paese.

Anche se Arvind Kejriwal non ha un legame così diretto con gli estremisti indù, per Raghuvanshi rappresenta una figura poco limpida: "Egli è salito al potere facendo leva sul malcontento della popolazione verso la corruzione. La loro crociata, con il sostegno di figure ambigue come Baba Ramdev, è stata usata per rafforzare le forze nazionaliste e fasciste del Paese".

Il direttore del Pvchr si definisce agnostico ed è nato in una famiglia di casta brahmina (la più alta). Con la sua associazione lavora soprattutto per garantire pari diritti ai dalit, i fuoricasta "intoccabili". Per questo egli critica anche "il corteggiamento che Kejriwal rivolge ai Khap Panchayat [consiglio del villaggio, ndr]: egli ha detto che non devono essere aboliti, ma solo puniti qualora prendano una decisione sbagliata. Che tipo di cultura sta creando l'Aap? È solo populismo".

Dichiarati "illegali" dalla Corte suprema indiana nel 2011, i Khap Panchayat sono realtà che ancora esistono in alcune zone rurali del Paese, noti per sostenere pratiche come l'omicidio d'onore o istituzionalizzare le violenze contro dalit, membri di altre religioni o donne.