Da Nang, confermata in appello la condanna a due anni contro blogger vietnamita
Il 50enne Truong Duy Nhat è stato incriminato per aver “abusato delle libertà democratiche”. Egli aveva criticato il Primo Ministro e il capo del Partito comunista. In aula i giudici hanno cercato di bloccare l’arringa difensiva dell’attivista e del suo legale. Continua la caccia di Hanoi contro la dissidenza interna.

Hanoi (AsiaNews/Agenzie) - Un tribunale del Vietnam centrale ha confermato in appello la sentenza a due anni di carcere nei confronti di un famoso blogger, dissidente e attivista, colpevole di aver pubblicato articoli "critici" sul Partito comunista, al potere nel Paese. A marzo il 50enne Truong Duy Nhat è stato condannato per aver "abusato delle libertà democratiche", al fine di violare gli interessi legittimi dello Stato. Il suo legale Tran Vu Hai ha sottolineato che Nhat ha ribadito in aula la propria innocenza, nel corso dell'udienza di secondo grado che si è tenuta nella città di Da Nang; il dibattimento è durato circa due ore. 

L'avvocato dell'attivista ha aggiunto che i giudici hanno cercato di impedire all'uomo e al suo legale di parlare, quando i due sono entrati nei dettagli spiegando il perché i 12 articoli al centro della controversia, usati per condannarlo, in realtà "difendevano gli interessi" dello Stato. Egli era stato arrestato nel maggio dello scorso anno, un mese dopo aver pubblicato un pezzo in cui chiedeva le dimissioni del capo del Partito comunista Nguyen Phu Trong e del premier Nguyen Tan Dung, responsabili del "caos politico", della corruzione e della crisi economica del Paese. 

Attivo all'interno del panorama dei media nazionali fino al 2011, egli è famoso per aver dato vita a un popolare blog dal titolo "Un punto di vista diverso". I suoi scritti offrono una visione diversa rispetto alla stampa ufficiale, controllata dalle autorità, e per questo avrebbero scatenato "dibattiti improntati all'odio". 

Dal momento del fermo il suo blog è stato oscurato e le autorità hanno bloccato ogni accesso. Nell'aprile dello scorso anno egli aveva pubblicato un articolo, in cui chiedeva alla leadership vietnamita di dimettersi in blocco, perché "è giunto il tempo per la nomina di un nuovo premier e di un nuovo segretario di Partito". Il cambio radicale dovrebbe servire al Paese per uscire dal magma stagnante causato dalla crisi economica e politica, frutto di anni di malgoverno.

Da tempo in Vietnam è in atto una campagna durissima del governo contro dissidenti, blogger, leader religiosi (fra cui buddisti), attivisti cattolici o intere comunità come successo lo scorso anno nella diocesi di Vinh, dove media e governo hanno promosso una campagna diffamatoria e attacchi mirati contro vescovo e fedeli. La repressione colpisce anche singoli individui, colpevoli di rivendicare il diritto alla libertà religiosa e al rispetto dei diritti civili dei cittadini. Solo nel 2013, Hanoi ha arrestato decine di attivisti per crimini "contro lo Stato", in base a una norma che gruppi pro diritti umani bollano come "generiche" e "vaghe".