Islamisti decapitano un reporter Usa rapito in Siria, in risposta ai raid aerei di Obama
I miliziani dello Stato islamico hanno diffuso un filmato che mostra l’esecuzione del giornalista James Foley, scomparso nel novembre 2012. Il video, intitolato “Messaggio all’America”, sarebbe autentico e annuncia l’uccisione di un secondo ostaggio se non si fermerà l’operazione militare. Il jihadista si rivolge al presidente Obama e parla con un marcato accento britannico.

Baghdad (AsiaNews/agenzie) - I miliziani dello Stato islamico hanno diffuso un video, che mostra l'esecuzione mediante sgozzamento del giornalista statunitense James Foley, scomparso mentre copriva la guerra in Siria il 22 novembre 2012, festa del Ringraziamento negli Usa. La morte del reporter, secondo quanto affermano i combattenti sunniti, sarebbe una vendetta per i raid aerei ordinati da Washington nei giorni scorsi, fondamentali per consentire all'esercito irakeno e ai peshmerga curdi di riconquistare la diga di Mosul, nel nord dell'Iraq. In un messaggio sulla propria pagina Facebook, la madre di Foley, Diane, afferma di essere orgogliosa del proprio figlio, che ha "donato la propria vita per cercare di raccontare al mondo le sofferenze del popolo siriano". 

Analisti ed esperti della sicurezza statunitense stanno valutando il filmato, per verificarne l'attendibilità anche se permangono pochi dubbi sulla sorte del giornalista Usa. In un comunicato ufficiale, la Casa Bianca afferma che se vero, il video sarebbe "terrificante". 

Foley è stato rapito a Bineh, in Siria, nel novembre 2012 mentre copriva il conflitto fra l'esercito di Damasco e i ribelli per il giornale americano Global Post, oltre che per altri media internazionali fra cui l'agenzia Afp. Il 40enne fotoreporter, maggiore di cinque figli, sarebbe stato prelevato da una banda armata, all'uscita da un internet cafe; al momento del sequestro è stato prelevato anche il suo interprete, rilasciato poi in un secondo momento. 

Nel video intitolato "Messaggio all'America", un uomo che viene identificato come James Foley è vestito di arancione, inginocchiato in un'area desertica e sconosciuta, con accanto un uomo armato di coltello e vestito di nero, con il volto coperto. Il militante, che si esprime in inglese con un marcato accento britannico, afferma di essere un membro dello Stato islamico e aggiunge che la morte del giornalista è il risultato diretto dei bombardamenti statunitensi contro le postazioni Is in Iraq dei giorni scorsi.

Al termine della brutale esecuzione, la testa del reporter viene appoggiata sul corpo insanguinato, secondo un macabro rituale. In conclusione, sul video appare la scritta "Steven Joel Sotloff", un secondo ostaggio americano - visibile per qualche secondo, anch'egli vestito di arancione e inginocchiato - che verrà decapitato se Washington non fermerà i raid. "La vita di questo cittadino americano, [Barack] Obama, dipende dalle tue prossime decisioni" conclude l'uomo col volto coperto. Il presidente è stato informato della vicenda, ma non ha voluto sinora rilasciare dichiarazioni in attesa di una dichiarazione ufficiale in merito alla veridicità del video stesso. 

In un'intervista del 2012 alla Bbc James Foley - già rapito in precedenza nel 2011 in Libia e rilasciato dopo 45 giorni di sequestro - spiegava le ragioni che lo spingevano a coprire i conflitti, fra cui il tentativo di "esporre storie non raccontate". "C'è molta violenza - aggiungeva il reporter - ma c'è anche il desiderio di scoprire davvero chi siano queste persone. E penso che questa sia la vera fonte di ispirazione". 

I miliziani dello Stato islamico hanno istituito un califfato che copre parte della Siria orientale e del nord dell'Iraq. Essi sono accusati di aver massacrato migliaia di persone nelle zone cadute sotto il loro controllo. Le violenze provocate dall'avanzata dei jihadisti hanno causato almeno 1,2 milioni di sfollati nel solo Iraq. Seguaci di una visione estrema e fanatica dell'islam sunnita, che punisce (anche) con la morte chi non si converte, i suoi membri continuano a perseguitare i non musulmani fra cui Yazidi e cristiani, come pure musulmani sciiti che essi considerano come eretici, e sunniti moderati.