Persecuzioni anti-cristiane: patriarchi d’Oriente uniti contro il silenzio arabo e internazionale

Riuniti in Libano, i vertici delle Chiese orientali hanno auspicato un intervento deciso del mondo islamico contro le violenze. La comunità internazionale deve “agire e sradicare” le milizie fondamentaliste e garantire sicurezza e convivenza pacifica. La presenza cristiana in Medio oriente garanzia di “convivenza fra culture”.

Bkerke (AsiaNews) - I patriarchi delle Chiese orientali, riuniti ieri in seduta comune, hanno deplorato con forza i "silenzi" dei Paesi arabi e della comunità internazionale sui massacri contro i cristiani nel Medio oriente. Essi hanno inoltre auspicato l'emissione di fatwa contro il takfirismo e il blocco di ogni tipo di sostegno ai gruppi terroristi. Il vescovo Boulos Sayyah, inviato personale del patriarca maronita Bechara Rai, ha sottolineato al termine dell'incontro con i patriarchi d'Oriente a Bkerke (Libano), che "è ormai noto che gli attacchi contro i cristiani hanno ormai assunto una deriva che rischia di minacciarne persino l'esistenza". Il prelato ha posto l'accento in particolare sull'Egitto, la Siria e l'Iraq, dove essi sono "vittime di crimini e sono costretti con la forza ad andarsene [dalle loro case]". 

All'incontro dei patriarchi erano presenti il cardinale e capo della Chiesa maronita Bechara Rai, il patriarca armeno-cattolico Nersès Bedros XIX, il patriarca siro-cattolico Ignace Youssef III Younan, il patriarca caldeo Louis Raphael I Sako, il patriarca siro-ortodosso Epherm II Karim, l'armeno-ortodosso Aram Ier Kéchichian, il greco-cattolico Grégoire III Laham e il capo della Chiesa evangelica, il pastore Sélim Sahiouni, oltre che un rappresentante della Chiesa greco-ortodossa. 

Il vescovo Boulos Sayyah ha spiegato che "i cristiani d'Iraq sono stati sequestrati dalle milizia dello Stato islamico e cacciati dalle loro case. La santità delle loro chiese è stat violata e le loro case bombardate. Erano almeno 120mila e ora 60mila sono a Erbil, la capitale della regione autonoma del Kurdistan irakeno". 

Ma ciò che più addolora è la mancanza di una posizione chiara e forte delle autorità islamiche e della comunità internazionale. II patriarchi sottolineano che "la comunità internazionale è responsabile della crescita dell'Is e gli Stati arabi devono esercitare una pressione facendo leva sull'ambito finanziario di questi gruppi... Per questo chiediamo una fatwa che proibisca gli attacchi contro gli altri". 

Per i patriarchi d'Oriente la comunità internazionale "deve agire e sradicare" lo Stato islamico, come chiedono "le Nazioni Unite e il Consiglio di sicurezza Onu". Inoltre la comunità internazionale e l'Unione europea devono cooperare con l governo irakeno e le autorità del Kurdistan per liberare la piana di Ninive e assicurare un ritorno sicuro a Mosul degli sfollati. Essi aggiungono inoltre che una risoluzione della crisi non può escludere "le ragioni che hanno prodotto tanta miseria in Medio oriente". "Va ripristinata l'armonia - avvertono i patriarchi - tra le varie anime di questi Paesi e dobbiamo smetterla di usare i terroristi, di sostenerli e armarli". 

La conferenza dei patriarchi invita a "garantire la presenza cristiana" in Medio oriente, per preservare la "convivenza fra culture" in un'ottica di "apertura pluralismo e rispetto", visto che i cristiani lavorano da sempre per promuovere "la libertà religiosa, di opinione". Inoltre, essi richiamano la comunità internazionale per la "scarsa attenzione" mostrata alla vicenda dei due vescovi sequestrati, Yohanna Ibrahim e Boulos Yaziji, rapiti alla fine dell'aprile 2013 nei pressi di Kafr Dael, roccaforte dei ribelli nei pressi di Aleppo, nel nord della Siria. 

Per quanto concerne la minaccia dello Stato islamico in Libano, i vescovi avvertono che "sono consapevoli dell'importanza del sistema politico libanese" che separa religione e Stato, e che riconosce il principio della libertà religiosa. E chiedono di non mescolare le elezioni presidenziali con i conflitti su base regionale e internazionale, per arrivare "al più presto possibile" alla scelta di un nome. All'incontro di ieri a Bkerke erano presenti diplomatici stranieri, tra cui gli ambasciatori di Stati Uniti, Gran Bretagna e Russia in Libano, oltre agli incaricati d'affari di Francia e Cina. Derek Plumbly coordinatore speciale per il Libano delle Nazioni Unite, anch'egli presente, afferma di essere stato "colpito da ciò che ho ascoltato" in merito alla persecuzione dei cristiani in Medio oriente. "Questa non è solo una questione umanitaria - avverte - e so che, assieme ai miei colleghi, riferiremo in modo dettagliato quanto abbiamo ascoltato [dai patriarchi]". Egli ha inoltre aggiunto che il segretario generale Onu [Ban Ki-moon] ha condannato a più riprese la persecuzione dei cristiani in Iraq da parte delle milizie dello Stato islamico e ha infine elogiato il Libano, esempio di "coesistenza e unità" in un panorama regionale in subbuglio.