Oltre 60 morti e 200 feriti nell’attentato talebano al confine fra Pakistan e India
L’esplosione è avvenuta nel tardo pomeriggio di ieri, al termine della cerimonia dell’ammainabandiera. L’attacco opera di un giovane di circa 30 anni, imbottito con 5 kg di esplosivo. Fra le vittime anche 10 donne e otto bambini. Condanna unanime dei governi dei due Paesi.

Islamabad (AsiaNews/Agenzie) - È salito a 61 il numero aggiornato delle vittime dell'attentato suicida avvenuti ieri a Wagah (Lahore), sola area di confine e punto di passaggio via terra fra Pakistan e India, celebre meta turistica per le popolazioni dei due Paesi. I feriti sono oltre 200 e il bilancio potrebbe aggravarsi nelle prossime ore. L'esplosione è avvenuta ieri pochi minuti dopo la fine della cerimonia dell'ammainabandiera, che si tiene ogni tardo pomeriggio secondo un preciso rituale apprezzato anche dal pubblico, nel versante pakistano del confine. I talebani pakistani del Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp) hanno rivendicato il gesto, ma altri gruppi militanti - fra i quali Jundullah - rivendicano la paternità dell'attentato. 

Mushtaq Sukhera, capo della polizia del Punjab, parla di un attentatore suicida, forse fra i 18 e i 20 anni, imbottito di 5 kg di esplosivo, che si è fatto saltare in aria verso le 6 del pomeriggio nei pressi di un ristorante, a circa 500 metri dal punto di confine. Fra le vittime vi sono anche 10 donne, otto bambini e tre membri delle forze di sicurezza pakistane. Alcuni dei feriti versano tuttora in condizioni critiche; i cadaveri finora identificati sono 43, degli altri 18 finora non si conoscono le generalità. 

Tahir Khan, membro dei Rangers (le guardie di confine, ndr) pakistani spiega che l'attentatore si è fatto esplodere a circa 500 metri dal luogo in cui avviene la parata, perché "più avanti le misure di sicurezza sono molto più rigide" e non avrebbe potuto superarle imbottito di esplosivo. In quel caso, aggiunge, "la devastazione sarebbe stata di gran lunga maggiore". 

Il gesto sarebbe una vendetta dei talebani pakistani contro una operazione dell'esercito del giugno scorso in North Waziristan, in cui sono morte oltre 1200 persone, oppure una risposta all'uccisione del leader talebano Hakimullah Mehsud in un attacco drone statunitense dello scorso anno. 

Il premier pakistano Nawaz Sharif e il Primo Ministro indiano Narendra Modi hanno entrambi espresso condanna per l'attentato, peraltro annunciato di recente dall'intelligence indiana che parlava di "attacco imminente" alla cerimonia dell'ammainabandiera.  

A gennaio il governo ha gettato le basi per l'avvio di un dialogo di pace con il Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp), cui è seguita la presentazione nelle settimane successive del primo Codice di condotta in materia di Sicurezza nazionale. La tregua fra governo e talebani è scaduta il 16 aprile scorso; gli islamisti hanno confermato il proposito di continuare le trattative, pur non rinunciando ad attentati e violenze che hanno preso di mira anche aeroporti (Karachi) e velivoli in fase di atterraggio. Nel contesto dei colloqui i talebani chiedono il rilascio di centinaia di prigionieri, il ritiro dell'esercito nelle zone tribali al confine con l'Afghanistan e l'introduzione della legge islamica (sharia) nel Paese. 

Con più di 180 milioni di abitanti (di cui il 97% professa l'islam), il Pakistan è la sesta nazione più popolosa al mondo e seconda fra i Paesi musulmani dopo l'Indonesia. Circa l'80% è musulmano sunnita, mentre gli sciiti sono il 20% del totale. Vi sono inoltre presenze di indù (1,85%), cristiani (1,6%) e sikh (0,04%). Dall'inizio della campagna di violenze dei talebani pakistani nel 2007 sono state uccise oltre 7mila persone in attentati, esplosioni e omicidi mirati in tutto il Paese.