Vescovo indiano: Per il dialogo islamo-cristiano occorrono azioni e non parole
di Nirmala Carvalho
In India entrambe le comunità sono una minoranza. Per mons. Felix Machado, arcivescovo di Vasai, il cambiamento inizia dalla scuola: "Insegniamo ai giovani reciprocità e rispetto verso tutti gli esseri umani". Un appello ai musulmani: "Necessaria una mutua collaborazione per costruire il nostro Paese".

Mumbai (AsiaNews) - "Il dialogo islamo-cristiano è fondamentale in India e deve avvenire a livello teologico e pratico. Non si può sminuire il contributo della religione alla pace e all'armonia nella società moderna. Per questo la fede non può relegarsi ai margini della comunità". È quanto afferma ad AsiaNews mons. Felix Machado, arcivescovo di Vasai e presidente dell'Ufficio per gli affari ecumenici e interreligiosi della Federazione delle conferenze episcopali asiatiche (Fabc), riflettendo sui risultati del terzo seminario del Forum cattolico-musulmano, dal tema "Lavorare insieme e servire gli altri" (11-13 novembre 2014, Roma).

In India cristiani e musulmani sono minoranze religiose. Su una popolazione di oltre 1,2 miliardi di persone, l'80,5% è indù; la comunità cristiana è appena il 2,3%, mentre quella islamica il 13,4%. "Ciò significa - spiega il presule ad AsiaNews - che i musulmani indiani sono quasi 150 milioni, ovvero la seconda comunità islamica al mondo dopo l'Indonesia". Molti di loro, aggiunge, "frequentano scuole cristiane o cattoliche, che rappresentano il 17% di tutti gli istituti educativi del Paese".

È proprio dalla scuola che deve iniziare una diversa educazione al dialogo. "Per i nostri giovani cristiani e musulmani - afferma mons. Machado - è essenziale essere immersi in un contesto che insegna la reciprocità, il rispetto per la naturale dignità e la libertà di ogni essere umano, qualunque sia la sua religione". Senza possedere questi valori "la pace e l'armonia della società sono a rischio".

Per mons. Machado un esempio da non seguire è quello del Pakistan, dove "i libri di testo presentano informazioni distorte e parziali sulle altre religioni ed esaltano solo l'islam". Questo sostrato culturale è quello che poi porta alle leggi sulla blasfemia, "invocate da alcune parti della società civile per uccidere i cristiani", e che si può combattere "solo con la collaborazione e l'aiuto dei musulmani illuminati e dei cristiani".

In India sono i dalit ("fuoricasta") cristiani e musulmani a subire le peggiori discriminazioni. In quanto non indù, non hanno mai ottenuto lo status di Scheduled Caste (Sc), che dal 1950 conferisce ai cosiddetti "intoccabili" alcuni benefici e privilegi, tra cui posti riservati nelle scuole e nel settore pubblico. Negli anni alcuni emendamenti hanno riassegnato le quote solo a sikh e buddisti.

La Chiesa cattolica, prosegue il vescovo, "ha fatto del dialogo interreligioso un cammino obbligatorio per i suoi fedeli". Tuttavia "finora questa attenzione all'altro è stata unilaterale. Con generosità abbiamo messo le nostre risorse a disposizione di tutte le comunità, senza distinzioni religiose. Ma anche i nostri fratelli musulmani devono usare i propri strumenti per il bene di tutti e per la costruzione della nazione". È questa, spiega, "l'implicazione pratica del 'Lavorare insieme e servire gli altri'. È cercare il dialogo della vita e della collaborazione. Insieme possiamo fare del bene per tutta la nostra società".