Pechino, Gao Yu a processo si dice innocente e accusa: “confessione” estorta con minacce
La prima udienza il prossimo 21 novembre. La giornalista è alla sbarra per aver “rivelato segreti di Stato”. La polizia avrebbe strappato la confessione minacciando di colpire il figlio della 70enne attivista. Arresti e processi di dissidenti confermano la politica repressiva di Xi Jinping.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) - Alla vigilia del processo, che si aprirà il prossimo 21 novembre a Pechino, la giornalista e attivista Gao Yu continua a dichiararsi innocente e accusa le autorità di averle estorto dichiarazioni compromettenti dietro "costrizione". Ad affermarlo è il legale della donna, alla sbarra per aver "rivelato segreti di Stato". In fase di udienza preliminare Yu, 70 anni, ha sottolineato che dietro la "confessione" resa alla polizia a inizio anno vi era il tentativo di proteggere il figlio e la famiglia, oggetto di minacce. 

Gao è agli arresti dal 24 aprile scorso per aver "diffuso all'estero" notizie e informazioni coperte da segreto di Stato, in particolare un documento "confidenziale" del Partito comunista cinese; anche il figlio Zhao Meng è stato trattenuto con il medesimo capo di imputazione, poi rilasciato in un secondo momento. 

L'avvocato Mo Shaoping riferisce che la propria assistita ha reso la "confessione" contro "la propria volontà", quando le autorità hanno iniziato a lanciare "minacce contro suo figlio"; per questo essa non avrebbe alcun valore di prova, in quanto estorta a forza. Oltretutto, le sue parole sono state trasmesse dalla tv di Stato cinese a inizio maggio, senza il consenso e l'informativa dell'interessata, nel tentativo di orientare l'opinione pubblica e influenzare il processo. 

Gao, che ha già scontato sette anni in prigione per i suoi scritti, rischia fino a 15 anni di carcere anche se in media la pena si aggira sui 10 anni. Nei mesi scorsi il sito Mingjing Monthly, che pubblica gli articoli della giornalista, ha parlato di una circolare interna del Partito comunista cinese, conosciuta come "Documento n. 9". In esso si ordina ai membri e alle forze dell'ordine di frenare "sette influenze sovversive" presenti nella società, fra cui le richieste di democrazia costituzionale, bollata come "occidentale", e i "valori universali" quali la libertà di parola e il rispetto dei diritti umani.

Il documento è stato reso pubblico mesi dopo dai canali ufficiali del Partito. Esso è importante perché mostra che la politica di Xi Jinping sta tradendo le promesse di riforme politiche che egli aveva fatto all'inizio del suo mandato, deviando verso un cammino più dittatoriale.

A conferma del pugno di ferro contro la dissidenza interna, il fermo di Gao Yu e di molti altri intellettuali e attivisti operato dalla polizia alla vigilia del 25mo anniversario della repressione di piazza Tiananmen. Un blitz delle forze dell'ordine che ha preso di mira elementi di spicco del movimento democratico cinese, nel tentativo di cancellare il ricordo del massacro