Seoul, la Corte Costituzionale mette al bando un Partito politico: "Torna la dittatura"
I giudici supremi accolgono le richieste del governo e impongono lo scioglimento dello Unified Progressive Party, accusato di portare avanti "politiche pro-Corea del Nord". Dimissioni imposte ai cinque deputati eletti : saranno banditi dalla vita politica "per almeno cinque anni". Il capo del Partito parla di "ritorno della dittatura", preoccupazione fra gli osservatori internazionali.

Seoul (AsiaNews) - Per la prima volta da quando è stata istituita, alla fine della dittatura Yushin (1988), la Corte Costituzionale coreana ha bandito oggi un Partito politico e imposto ai suoi cinque deputati di dimettersi dalla carica elettiva parlamentare. I giudici supremi hanno anche proibito agli iscritti dello Unified Progressive Party  (Upp) di fare politica attiva per "almeno cinque anni". La sentenza ha scatenato l'ira della società civile, che la ritiene un ritorno ai tempi del regime militare.

La Corte si è espressa dopo che lo scorso anno il governo - guidato dalla signora Park Geun-hye, figlia del defunto dittatore Park - aveva presentato una mozione contro l'Upp, accusato di "sostenere la Corea del Nord" e di "progettare una ribellione" per instaurare uno Stato socialista nel sud della penisola. Alcuni membri del Partito sono stati arrestati nel corso del tempo con l'accusa di eversione, e sono tuttora in carcere.

Lo Unified Progressive Party è nato nel 2012 dalla fusione di una frangia del New Progressive Party, alcuni esuli del Democratic Labor Party e la maggioranza del People's Partecipation Party. Molto criticato per avere nel tempo difeso la situazione dei diritti umani in Corea del Nord - che i membri dell'Upp definiscono "un fenomeno inevitabile che nasce dalla povertà del Paese" - è finito al centro di uno scandalo politico quando si sono scoperte irregolarità nelle candidature legislative. Alcuni suoi membri, di estrema sinistra, avrebbero inoltre intrattenuto rapporti con spie di Pyongyang, cui avrebbero passato segreti militari. Queste ultime accuse, però, non sono state ancora provate. 

In attesa della sentenza, emessa questa mattina, centinaia di persone si sono ammassate davanti ai cancelli della Corte. Fra loro sia i sostenitori dell'Upp che i loro oppositori. L'esecutivo ha risposto inviando circa 1.000 poliziotti in tenuta anti-sommossa, ancora per le strade di Seoul. Attivisti per i diritti umani, presenti sul posto, hanno commentato la decisione dei giudici definendola "la fine della democrazia".

Motivando la propria decisione, il capo della Corte Park Han-chul scrive: "Abbiamo un urgente bisogno di rimuovere la minaccia posta da questo Partito all'ordine basilare della democrazia". Da parte loro, i vertici dell'organizzazione si difendono: "Nessuna difesa della Corea del Nord, ma soltanto volontà di dialogo. Se continuiamo a spararci, come potremo raggiungere pace e riunificazione?".

Lee Jung-hee, presidente dell'Upp, non usa mezzi termini: "Questa decisione apre un'epoca buia, fatta di decisioni autoritarie che trasformeranno di nuovo la Corea del Sud in una nazione dittatoriale". Secondo analisti internazionali "il bando del Partito pone domande serie sull'impegno delle autorità nel garantire la libertà di espressione e associazione nel Paese".