Kontum, le autorità comuniste minacciano di abbattere 22 cappelle. Appello del vescovo
di Paul N. Hung
I vertici del distretto di Đăk Tô vogliono demolire decine di luoghi privati usati per preghiere e funzioni. Nell’area mancano chiese e, in passato, i fedeli percorrevano anche 100 km per partecipare alla messa. I fedeli si rivolgono al vescovo, che risponde con una lettera. Pur invitando alla calma, il prelato ricorda il diritto alla libertà religiosa riconosciuto dal governo.

Hanoi (AsiaNews) - Le autorità comuniste del distretto di Đăk Tô - diocesi di Kontum, nell’omonima provincia negli altipiani centrali del Vietnam - minacciano di abbattere 22 cappelle e luoghi di preghiera cattolici, perché privi dei permessi di costruzione e uso ai fini di culto. I fedeli, che temono la distruzione dei luoghi di culto in un’area dov mancano chiese e centri di preghiera, si sono rivolti al vescovo per bloccare la demolizione e garantire il rispetto della libertà religiosa. In risposta, il prelato ha scritto una lettera ai parrocchiani, chiedendo loro di restare saldi nella fede ma, al tempo stesso, di cercare una via di dialogo e conciliazione con l’amministrazione locale. 

Il 30 gennaio scorso il presidente del distretto di Đăk Tô ha pubblicato un documento che prevede la demolizione di 22 cappelle della minoranza cattolica; il 4 febbraio il vice-presidente ha inviato una lettera ai responsabili locali, ordinando di eseguire la disposizione e procedere con l’abbattimento. Al tempo stesso essi vietano ai fedeli di usare le case come luogo di culto e per “finalità religiose”. 

Ad oggi gli edifici non sono ancora stati demoliti, ma fonti locali riferiscono che (nei prossimi giorni) la disposizione dovrebbe diventare esecutiva. Nel frattempo le autorità hanno rafforzato la sorveglianza, per impedire che le case vengano utilizzate per la preghiera, la lettura della Bibbia e attività pastorali comuni. 

I fedeli, nel timore di perdere anche questi luoghi di incontro, si sono rivolti al vescovo di Kontum mons. Michael Hoàng Đức Oanh che, in risposta, ha scritto loro una lettera invitandoli alla calma, pur restando saldi nella loro fede. Il prelato esorta ad affrontare il problema in modo saggio e senza esasperare gli animi, pur fondandosi sul principio assoluto “della libertà religiosa, che è riconosciuto dalla Chiesa vietnamita”. Egli assicura inoltre l’impegno a interloquire con le autorità locali, perché “possano capire meglio la questione”. 

Per il vescovo le famiglie hanno tutto il diritto di “praticare l’attività religiosa” nelle proprie abitazioni, un diritto riconosciuto e garantito dalle leggi del Paese e questo “va spiegato con pazienza” agli amministratori locali. Il prelato ricorda infine ai fedeli che, nella gioia e nella tristezza, ciò che conta è “riconoscere la presenza di Dio” e “alla luce della fede, vivere la missione come discepoli di Gesù Cristo”. 

La diocesi di Kontum, negli altipiani centrali del Vietnam, è stata eretta nel 1884 ed è oggi composta da circa 250mila fedeli su un totale di 1,2 milioni di abitanti, la metà dei quali appartenenti alle minoranze etniche. Nella zona del distretto di Đăk Tô, per 30 anni i fedeli (dal 1975, con l’ascesa al potere dei comunisti del Nord, fino al 2005) sono stati costretti a percorrere fino a 100 km a piedi per ascoltare la messa e ricevere i sacramenti. Negli ultimi tempi le autorità hanno acconsentito all’ingresso di alcuni sacerdoti nella zona, anche se i luoghi di culto - chiese e cappelle di preghiera - restano sempre insufficienti per soddisfare le richieste della comunità cattolica. 

In almeno tre distretti - Đăc Tô, Tu Nơ Rông e ĐăkGlei, dove risiedono 51mila cattolici su un totale di 142mila persone - i vertici comunisti hanno concesso la costruzione di due sole “chiese ufficiali”. Alla richiesta dei parrocchiani di poter edificare altri luoghi di culto, le autorità hanno opposto un netto rifiuto. Da qui la necessità di dar vita a chiese e case di preghiera “clandestine”, che i funzionari locali vogliono ora bloccare o demolire.