Dushanbe e Pechino firmano l’accordo di estradizione, uiguri nel mirino
Pechino ha stretto una serie di accordi con i Paesi dell’Asia centrale per riportare in patria i musulmani di etnia uigura. Nelle carceri cinesi i criminali sono condannati a pene severe, compresa la morte. Il Kyrgyzstan e il Kazakhstan hanno rimpatriato prigionieri richiedenti asilo per motivi umanitari.

Dushanbe (AsiaNews) - Il Parlamento del Tajikistan ha approvato all’unanimità un accordo bilaterale con la Cina che consente di estradare nel Paese di origine i detenuti rinchiusi nelle carceri dei due Paesi. L’iniziativa prende le mosse da una legge presentata dal Procuratore generale tajiko, Yusuf Rahmonov (nella foto), il quale aveva sollecitato i deputati ad approvare l’accordo per “salvaguardare i diritti dei cittadini di nazionalità tajika detenuti in Cina e permettergli di scontare la pena nei penitenziari del proprio Paese”. L’accordo però sembra più utile a Pechino, intenzionato a perseguire la comunità uigura da tempo nel mirino delle autorità cinesi.

Nelle carceri della Cina sono attualmente detenuti 16 cittadini di nazionalità tajika: quattro di loro si trovano nel braccio della morte e cinque sono condannati all’ergastolo. Nei penitenziari del Paese centro-asiatico invece si trovano tre cinesi, accusati di stupro e traffico di droga. Entrambi i Paesi sono membri della Shanghai Cooperation Organization (Sco), che include anche Russia, Kazakhstan, Kyrgyzstan e Uzbekistan.

Le organizzazioni internazionali che si occupano della difesa dei diritti umani da tempo sorvegliano gli accordi di estradizione tra questi Paesi. Infatti il pericolo maggiore riguarda il trattamento dei prigionieri cinesi appartenenti alla comunità uigura, gruppo etnico di religione musulmana che abita in maggioranza nella regione nord-occidentale dello Xinjiang.

Gli uiguri parlano un dialetto turco e si considerano per tradizione molto più vicini alle popolazioni dell’Asia centrale. Il gruppo sogna da sempre la creazione di uno Stato autonomo, il Turkestan orientale, ed è vittima di discriminazione e repressione da parte del governo centrale di Pechino che li rappresenta come terroristi.

Secondo gli esperti, la Cina firma tali accordi di estradizione con i Paesi confinanti in modo da far rientrare sul proprio territorio gli uiguri emigrati all’estero e sottoporli a pene molto più severe. Una volta rientrati in patria infatti la giustizia cinese li condanna a periodi di lunga detenzione o alla pena di morte.

Nell’ultimo periodo funzionari del Kyrgyzstan hanno dichiarato di aver estradato in Cina tre uiguri, in base agli accordi stipulati tra i due Paesi. Anche il Kazakhstan ne ha espulsi diversi che chiedevano diritto di asilo per motivi umanitari, suscitando le critiche e lo sdegno degli attivisti.