Corea, un soldato 19enne del Nord diserta e attraversa a piedi la Zona demilitarizzata
Il militare ha raccontato di aver subito violenze e abusi nella caserma dove era stanziata. Ci sono voluti 10 giorni per attraversare gli 8 chilometri di “terra di nessuno” che dividono le due Coree. Seoul conferma la diserzione. Fonti cattoliche di AsiaNews esprimono dubbi sull’intera vicenda: “Molte cose non tornano, speriamo non sia una manovra politica decisa a tavolino”.

Seoul (AsiaNews) – Violenze, abusi e atti di bullismo in caserma. Sono questi i motivi per cui un giovane soldato nordcoreano di 19 anni avrebbe disertato, passando la Zona demilitarizzata e consegnandosi alle guardie del Sud a Hwacheon. Secondo il ministero della Difesa di Seoul “si può confermare oggi la sua volontà di abbandonare la Corea del Nord. Il giovane ha spiegato ai nostri funzionari che era vittima di violenze ripetute nel campo in cui era stanziato, e ha raccontato la verità sulla sua patria”.

Sono centinaia i nordcoreani che scappano dal proprio Paese, ma è molto raro che scelgano di attraversare la Zona demilitarizzata a piedi. Questa, nonostante il nome, è una delle aree più militarizzate al mondo: Seoul e Pyongyang sono infatti tecnicamente ancora in guerra, dato che il conflitto civile che ha diviso la penisola e che si è svolto fra il 1950 e il 1953 è terminato con un semplice armistizio.

Secondo il racconto del disertore, ci sono voluti 10 giorni per oltrepassare i circa 8 chilometri di “terra di nessuno” che di fatto rappresenta il confine fra i due Paesi. Secondo alcuni esperti, la buona riuscita del tentativo “dimostra che la sorveglianza da parte del Nord si è molto rilassata. In altre epoche, non sarebbe mai riuscito ad arrivare vivo”.

Tuttavia, fonti cattoliche di AsiaNews che lavorano con gli esuli dal Nord esprimono dubbi sulla vicenda: “Ci sono diverse cose che non tornano. Il ministero ha confermato la diserzione nel giro di 24 ore, quando di solito se ne parla dopo almeno due mesi dall’ingresso nel Sud. E poi è strano che l’accaduto non abbia scatenato la solita retorica di Pyongyang. In questi mesi ogni evento in Corea viene politicizzato, da entrambi i lati. Speriamo che non sia una manovra studiata a tavolino”.

Dalla fine della guerra civile, circa 28mila nordcoreani si sono rifugiati al Sud in cerca di una vita migliore. Tuttavia, la società sudcoreana li guarda ancora come possibili spie e li relega nei livelli più bassi della vita sociale. Da anni la Chiesa cattolica è impegnata per migliorare la vita degli esuli, definiti più volte “agenti di comunione” per la futura riunificazione della penisola.