Sri Lanka: attivisti, tamil e buddisti insieme contro ogni forma di tortura
di Melani Manel Perera
Un ragazzo è stato prelevato dalla polizia del 2008 e non ha fatto ritorno. Un pescatore singalese innocente è morto in carcere dopo 14 anni di prigione. Un monaco buddista torturato 21 volte dalle guardie dell’ex presidente Rajapaksa. La testimonianza delle vittime raccolte da AsiaNews nella Giornata mondiale contro la tortura in Sri Lanka.

Colombo (AsiaNews) - “La tortura appartiene ad una società schiavista. È crudele, disumana e non adatta ad una società libera. Per la popolazione e il governo dello Sri Lanka è arrivato il momento di unirsi in una lotta comune per abolire la tortura”. È la dichiarazione ufficiale dell’organizzazione Right to Life Human Rights (R2LO) che il 26 giugno scorso hanno organizzato incontri insieme al Comitato investigativo sulle persone scomparse (Cid) per celebrare la Giornata mondiale contro la tortura in Sri Lanka, teatro di una sanguinosa guerra civile tra governo e i ribelli delle Tigri Tamil per oltre 30 anni.

Il primo incontro si è svolto al Centro per la società e la religione a Colombo e rientra nel programma “Tribunale del popolo in difesa delle vittime di tortura” creato dal Cid. Presenti molte vittime e parenti di persone torturate, alcune delle quali scomparse sotto la custodia della polizia e mai tornate dai propri familiari. È il caso di un giovane del distretto nord-orientale di Trincomalee. La madre racconta la sua storia: “Mio figlio è stato prelevato dalle forze dell’ordine il 27 maggio 2008. Ci hanno detto che sarebbe stato sottoposto solo ad una breve indagine, ma da quel momento non abbiamo più avuto notizie di lui. Non abbiamo avuto alcuna giustizia. Abbiamo speso tempo e soldi per raggiungere Colombo alla sua ricerca. Ma invece di ricevere informazioni, siamo stati vittime di molestie”.

Devi Amma, una donna di etnia tamil proveniente da un villaggio nel nord del Paese, riferisce di aver subito un trattamento simile quando è andata alla ricerca del figlio arrestato. “La polizia - racconta - ci ha detto che avremmo dovuto pagare per il rilascio di mio figlio. Alla fine, dopo varie difficoltà, abbiamo noleggiato un pulmino e siamo arrivati a Colombo, ma siamo stati molestati e inseguiti a nostra volta da un’altra automobile…Perché dobbiamo soffrire così tanto?”.

Un’altra donna riporta che nel 2012 è stata torturata per quattro giorni dalla polizia, che aveva arrestato in precedenza anche il marito e il figlio. Quest’ultimo non ha più fatto ritorno. Stesso destino per un giovane pescatore singalese di 32 anni, accusato di avere legami con la criminalità organizzata e morto a soli due mesi dal rilascio, dopo 14 anni trascorsi in carcere.

Ha partecipato all’incontro anche il venerabile Watareka Vijitha Thero (v. foto), un monaco buddista che ha raccontato le atroci sofferenze patite nel 2014. “Dato che denunciavo le ingiustizie, la scomparsa di persone innocenti e le condizioni di lavoro disumane, ho subito varie forme di tortura da parte delle guardie dell’ex presidente Mahinda Rajapaksa [sconfitto alle elezioni del gennaio 2015 dallo sfidante Maithripala Sirisena, dopo aver governato il Paese per 10 anni in modo semi-dittatoriale - ndr]. Provo vergogna e profondo dolore nel raccontare quello che mi è accaduto. I media riportavano le foto delle mie torture e quando alla fine sono andato alla polizia per sporgere denuncia, sono stato accusato di nuovo e torturato ancora. Due poliziotti, che mi erano stati assegnati come scorta in quanto ero membro del consiglio provinciale, riferivano tutto quello che facevo, dove e quando”.

Il monaco riporta 21 episodi di tortura subiti del 2014 e lancia un appello: “Dobbiamo agire insieme per fermare la brutalità in questo Paese. Vi invito tutti, lavoriamo insieme. Chiediamo alle autorità di agire contro simili trattamenti disumani. Gli assassini dei nostri parenti ancora lavorano nella polizia e sono impuniti. Il primo ministro e il presidente Sirisena non devono governare il Paese con questi criminali”.