Papa: “Niente porte chiuse” per divorziati risposati. E partecipano alla vita della Chiesa
All’udienza generale, riprendendo le catechesi sulla famiglia, papa Francesco chiede a tutti i cristiani di avere l’atteggiamento del Buon Pastore, accogliendo le coppie di divorziati risposati e i loro figli perché essi “non sono scomunicati”. Esse “possono sviluppare la loro appartenenza a Cristo” con la preghiera, l’ascolto della parola di Dio, il servizio ai poveri, la “frequenza alla liturgia”. Il papa non cita l’assunzione dell’eucarestia. Un gruppo della Cina popolare saluta e canta il “Padre nostro” in cinese.

Città del Vaticano (AsiaNews) – Le coppie di divorziati risposati “non sono scomunicate” e “non vanno assolutamente trattate come tali: esse fanno sempre parte della Chiesa”.  E’ un appello caldo e accorato quello che papa Francesco ha rivolto oggi ai circa 12mila fedeli radunati nell’aula Paolo VI alla ripresa del ciclo di catechesi sulla famiglia e dedicata oggi alla “cura di coloro che, in seguito all’irreversibile fallimento del loro legame matrimoniale, hanno intrapreso una nuova unione”. “Niente porte chiuse. Niente porte chiuse – ha ripetuto. Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della comunità. La Chiesa […] è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa (Esort. ap. Evangelii gaudium, n. 47)”.

Il tema dell’accoglienza a divorziati e risposati (e la loro partecipazione all’eucarestia) è stato dibattuto con toni molto forti e con posizioni opposte fin da prima del Sinodo straordinario sulla famiglia tenuto lo scorso anno e continua a creare tensioni anche in preparazione al Sinodo del prossimo ottobre.

Con tenerezza e decisione, il papa ha affrontato di petto il problema. “La Chiesa – ha detto - sa bene che una tale situazione [quella dei divorziati e risposati – ndr] contraddice il Sacramento cristiano. Tuttavia il suo sguardo di maestra attinge sempre da un cuore di madre; un cuore che, animato dallo Spirito Santo, cerca sempre il bene e la salvezza delle persone.  Ecco perché sente il dovere, «per amore della verità», di «ben discernere le situazioni»”. Citando san Giovanni Paolo II egli ricorda ad esempio “la differenza tra chi ha subito la separazione rispetto a chi l’ha provocata”. Ma soprattutto, egli chiede a tutti i cristiani di guardare “questi nuovi legami con gli occhi dei figli piccoli”. La questione era stata messa in luce anche nello scorso Sinodo, esprimendo preoccupazione per la mancanza di educazione religiosa che colpirebbe i figli di queste coppie se esse rimangono ai margini della vita ecclesiale.

“Con gli occhi dei bambini – ha spiegato il pontefice - vediamo ancora di più l’urgenza di sviluppare nelle nostre comunità un’accoglienza reale verso le persone che vivono tali situazioni. Per questo è importante che lo stile della comunità, il suo linguaggio, i suoi atteggiamenti, siano sempre attenti alle persone, a partire dai piccoli. Loro sono quelli che soffrono di più queste situazioni. Del resto, come potremmo raccomandare a questi genitori di fare di tutto per educare i figli alla vita cristiana, dando loro l’esempio di una fede convinta e praticata, se li tenessimo a distanza dalla vita della comunità?, come se fossero scomunicati. Si deve fare in modo di non aggiungere altri pesi oltre a quelli che i figli, in queste situazioni, già si trovano a dover portare! Purtroppo, il numero di questi bambini e ragazzi è davvero grande. E’ importante che essi sentano la Chiesa come madre attenta a tutti, sempre disposta all’ascolto e all’incontro”.

Egli ricorda anche che in questi tempi “la Chiesa non è stata né insensibile né pigra” e “è molto cresciuta la consapevolezza che è necessaria una fraterna e attenta accoglienza, nell’amore e nella verità, verso i battezzati che hanno stabilito una nuova convivenza dopo il fallimento del matrimonio sacramentale; in effetti, queste persone non sono affatto scomunicate, - non sono scomunicate! - e non vanno assolutamente trattate come tali: esse fanno sempre parte della Chiesa”.

L’invito alle comunità cristiane è ad accogliere e incoraggiare queste coppie “perché vivano e sviluppino sempre più la loro appartenenza a Cristo e alla Chiesa con la preghiera, con l’ascolto della Parola di Dio, con la frequenza alla liturgia, con l’educazione cristiana dei figli, con la carità e il servizio ai poveri, con l’impegno per la giustizia e la pace”. Va notato che nell’elenco dei “modi” della partecipazione alla vita della Chiesa non è citata l’assunzione dell’eucarestia, anche se si parla di una “frequenza alla liturgia”.

Per il papa, l’atteggiamento di accoglienza della Chiesa deve ricalcare quello del Buon Pastore, la cui icona “riassume la missione che Gesù ha ricevuto dal Padre: quella di dare la vita per le pecore. Tale atteggiamento è un modello anche per la Chiesa, che accoglie i suoi figli come una madre che dona la sua vita per loro”.

“Allo stesso modo – ha concluso - tutti i cristiani sono chiamati a imitare il Buon Pastore. Soprattutto le famiglie cristiane possono collaborare con Lui prendendosi cura delle famiglie ferite, accompagnandole nella vita di fede della comunità. Ciascuno faccia la sua parte nell’assumere l’atteggiamento del Buon Pastore, il quale conosce ognuna delle sue pecore e nessuna esclude dal suo infinito amore!”.

Durante i saluti nelle diverse lingue, papa Francesco ha citato anche comunità provenienti dalla Cina. In quel momento un gruppo di cinesi, sventolando una bandiera della Cina popolare e alzandosi in piedi ha cantato il “Padre nostro” in lingua cinese.