Cina, il Partito: Basta con i funzionari in pensione ancora attaccati al potere
L’attacco frontale è contenuto in un editoriale firmato apparso oggi sul Quotidiano del Popolo, organo ufficiale del Partito comunista al potere. Anche se non viene mai citato, gli analisti non hanno dubbi: il bersaglio è l’ex presidente Jiang Zemin, leader della “cricca di Shanghai” ancora molto influente nella politica nazionale.

Pechino (AsiaNews) – Gli alti funzionari del Partito comunista cinese in pensione da tempo “continuano ad esercitare la propria influenza dei Dipartimento del governo. Attraverso dei ‘delfini’ nominati in alte posizioni mentre erano in carica, cercano di intervenire in decisioni cruciali che vanno lasciate all’esecutivo. In questo modo indeboliscono la coesione all’interno del Partito e mettono i loro successori in posizione imbarazzante”. È la dura accusa contenuta in un editoriale apparso oggi sul Quotidiano del Popolo, il giornale ufficiale dell’organismo politico al potere in Cina.

Il testo è firmato da Gu Bochong, ufficiale dell’Esercito di liberazione popolare incaricato del Dipartimento politico, e viene pubblicato mentre i vertici del Pcc si ritrovano nel resort di Beidaihe per l’annuale consultazione informale fra i vari leader comunisti. Anche se non viene mai nominato nessun “alto funzionario in pensione”, gli analisti cinesi ritengono che si tratti di un chiaro monito nei confronti di Jiang Zemin, ex presidente del Paese e leader della cosiddetta “cricca di Shanghai” ancora molto influente nella politica nazionale.

L’articolo è molto duro: “Se le decisioni prese dai vertici in carica non piacciono a quelli in pensione, allora questi ultimi accusano i loro eredi di ‘sentirsi superiori’ e di ‘essere arroganti’. Questi funzionari, insieme alle loro famiglie, dovrebbero invece adattarsi alla vita in pensione. E questo significa fare meno apparizioni pubbliche e meno dichiarazioni”. L’autore invita anche i dirigenti in carica a “tirare una linea fra l’essere rispettosi nei confronti di chi vi ha preceduti e porre regole più dure per prevenire la loro influenza”.

La conclusione del testo fa un paragone fra la pensione dei leader e la temperatura del the: “Questa bevanda si deve raffreddare quando l’ospite lascia la stanza, altrimenti va a male. Allo stesso modo quando si lascia una carica si dovrebbero lasciare le proprie opinioni alla vita privata”. Un commentatore online prende proprio questa metafora per scrivere: “Che succede se il the al gelsomino vuole rimanere sempre bollente? Deve essere buttato via!”. La parola “gelsomino” in cinese si pronuncia “jiang”, proprio come l’ex presidente della nazione.

Secondo alcuni analisti, l’attacco odierno si inserisce nella campagna contro la corruzione lanciata dall’attuale presidente Xi Jinping sin dalla sua presa del potere, avvenuta nel 2012. Nel corso della campagna sono caduti alcuni fra i leader più importanti delle precedenti amministrazioni, come l’ex sindaco di Chongqing Bo Xilai. Ma la “preda” più illustre è senza dubbio l’ex capo della sicurezza nazionale Zhou Yongkang, primo membro del Politburo a essere processato e condannato all’ergastolo nella storia della Cina comunista.

Zhou è ritenuto da sempre un alleato chiave e un protetto di Jiang Zemin – che ha regnato dal 1989 al 2002 – nonostante la maggior parte del suo potere si sia concretizzata durante la “Quarta generazione” guidata da Hu Jintao.