Papa a Cuba: Le speranze che suscita e le strumentalizzazioni di un regime immobile
di Tony Pino V.*
Fin dal suo arrivo a Cuba, papa Francesco ha inviato il messaggio della fede: Essere come bambini; pace, perdono, riconciliazione, compassione, misericordia. Le parate perfette del regime, mentre tutti i cubani pregano la Virgen del Cobre di poter abbandonare Cuba e andare a vivere altrove. L’embargo Usa sull’isola è servita da paravento per soffocare ogni voce discordante e congelare ogni sviluppo. Finora però nessun mea culpa da parte dei governanti.

L’Avana (AsiaNews) - Non ci inganniamo. Papa Francesco è giunto a Cuba preceduto dal suo ruolo di mediatore per il ristabilirsi dei rapporti tra Cuba e gli Stati Uniti. L'influenza della cultura cattolica nell'isola è forte, ma la militanza cattolica è debole anche se (adesso) le chiese si riempiono alla domenica. Il boom della Chiesa cubana è avvenuto nel decennio degli anni '90, dopo la caduta (il “bum”) del campo socialista e l´inizio di quel “Periodo Speciale” compiutosi con la spettacolare visita di Giovanni Paolo II nel 1998. La cosiddetta libertà religiosa (metterla tra virgolette sarebbe un’enfasi oziosa), non è stata che il frutto di un gioco delle circostanze. Alla politica non è rimasto altro che parlare dell’impianto idraulico.

I papi dei giorni di vacanza

Per la maggior parte dei cubani, il Papa non è altro che il “capo” (i media lo chiamano “leader”) della Chiesa cattolica. A loro interessa solo quello che egli può dire e in cui si possano identificare, soprattutto in legame con la loro miseria. C´è una barzelletta, molto comune, che parla dei papi che hanno visitato Cuba come coloro che hanno garantito ai cubani dei giorni di vacanza oltre alle feste rivoluzionarie. Con Giovanni Paolo II ci hanno fatto dono del 25 dicembre (Natale); con Benedetto XVI, il Venerdì Santo si è trasformato nel preambolo di un sabato di baldoria che faceva più lungo il fine settimana. La barzelletta continua con il tentare di indovinare che giorno ci daranno come mancia, dopo la visita di Francesco. Il popolo cubano, del tutto ignorante del calendario liturgico, nemmeno si avvicina all’enigma.

Ma ci sono altre barzellette. Certuni si domandavano con malizia se la visita del Papa migliorerà la raccolta delle patate e come conseguenza il loro prezzo sul mercato. Vedendo le ripetute immagini del pontefice che porta sempre la sua ventiquattrore nera, c´è chi dice che quello che porta dentro è un “un ormeggio” di amansaguapo[1] perché in nessun altro modo avrebbe raggiunto l´avvicinamento tra “il Nord sconvolto e brutale ” e l´isoletta organizzata e intelligente.

Siamo - e lo ripetiamo fino alla nausea vantandoci - una cultura meticcia, un ajiaco [stufato con salsa di peperoncino], come dice Fernando Ortiz. Ma all´ora di cucinarlo, dimentichiamo sempre che il gusto del “ajiaco” consiste nel mescolare il sapore dell´essenza degli elementi e della carne che lo compongono; il gusto però sparisce se lo si lascia al fuoco tanto tempo fino a trasformarlo in una poltiglia. Nel dialetto cubano lo si potrebbe chiamare Mañach, ma questo non sarebbe né scherzoso né umoristico[2].

La capacità del cubano di superare le difficoltà è proverbiale e molto lodata. Il cubano possiede un ego molto ombelicale, che egli porta con orgoglio. Egli è anche pronto a salvare in modo spontaneo ogni autostima deteriorata.

Il nostro socialismo è “il più socialista” del mondo; le nostre vittorie, non importa se vittorie di Pirro, sono state le più decisive. Da questo punto di vista, anche la fede del cubano, non si salva da questi esclusivismi. I nostri santi, quando li avremo, saranno i santi con più miracoli al mondo; allo stesso modo la nostra Patrona, la Vergine della Carità del Cobre…è quella che più assomiglia a María. Quando il cordone ombelicale è troppo lungo, rischiamo il crederci liberi per il semplice fatto di poter girare senza (apparenti) barriere. Dimentichiamo che dipendiamo da questo cordone per nutrici, che abbiamo lasciato ad altri di amministrare i nostri bisogni e che, in ultima istanza, se ci mettiamo a combattere, lo stesso cordone servirà per strangolarci. 

Non ci inganniamo. Papa Francesco è giunto a Cuba preceduto da quello che i media della maggiore delle Antille hanno voluto enfatizzare. La minoranza cattolica praticante conosce molto su ciò che è un papa e quello un papa si propone quando sceglie un nome per il suo pontificato. Per coloro che in qualche modo sono informati su questi dettagli, papa Francesco è preceduto prima di tutto dal suo nome, Perché Francesco è un nome immenso. Perciò, come cattolico, non mi meraviglia quello che il papa ha detto o fatto fino ad ora. É completamente coerente colla sua missione e con quello che si è proposto nello scegliere il nome del poverello d´Assisi. Mi piace molto il modo semplice e fermo con cui sta agendo. Forse ciò che non mi piace è che il papa arriva, conferma, offre il suo messaggio e se ne va. Tutti vorremmo che il suo messaggio fosse ascoltato, digerito e applicato, non spiegato, né ripetuto, né sbriciolato dagli analisti ombelicali. Tutti vorremmo, in concreto che almeno per una volta in questa felice e capricciosa isola di Cuba, si parlasse con proprietà, con nomi e cognomi, senza tendenze, senza pensare che stiamo trillando come  jilgueros [un tipo di uccello con buone doti canore – v. nota], mentre stiamo solo gridando come ossessi. Perché sì, l´amore è paziente e non teme nulla, e proprio per questo esige chiarezza, trasparenza e umiltà.

La cerimonia di benvenuto

Il discorso di benvenuto del presidente Raul Castro a Papa Francesco è stato, ancora una volta, un’esibizione dei risultati del processo rivoluzionario e un promemoria di quanto male c’è del mondo, di come ingiusto è stato l'Impero (cioè gli Stati Uniti) con noi . Nell’incontro, ai piedi della scaletta dell’aereo, è stato molto significativo che il saluto dei due statisti fosse una semplice stretta di mano e un breve scambio di parole, e che il papa, invece,  abbia dedicato tutto il tempo per condividere con i bambini, sorridere e abbracciarli. Si è molto parlato dei gesti di papa Francesco, della sua capacità di intravvedere tra la folla i più indifesi e parlare con loro e incoraggiarli. Se egli fosse un altro papa, non mi permetterei di dire così, ma siccome si parla di lui, mi permetto di interpretare ogni suo movimento come un brano di Vangelo. E in questa accoglienza, molto in linea con l’obiettivo della sua visita quale "missionario della misericordia", a mio parere il suo primo messaggio è stato: "Diventate come i bambini".

L'enfasi è anzitutto su questo ringraziamento per l'accoglienza, prima ancora che nel distogliere lo sguardo dal discorso scritto per dire con forza ed equilibrio, guardando il presidente Raul: "Il mondo ha bisogno di riconciliazione in questo clima di terza guerra mondiale a pezzi che stiamo vivendo ".

Nessun “mea culpa” dai governanti cubani

Cuba si è fatta eco di tutto ciò che il Papa ha detto sull´ecologia, sull’opzione per i poveri e i migranti. Più che altro, al governo cubano sono piaciute le critiche del Papa contro il capitalismo e il neo-liberalismo. Evidentemente queste critiche, dirette anzitutto contro le grandi potenze, non toccano Cuba giacché l´isola non si considera né capitalista, né neo-liberal. Cuba continua ad insistere sulla legittimità del suo progetto rivoluzionario e se non ha potuto andare più avanti, è colpa del blocco economico imposto dagli Stati Uniti. É qui che entra il totí [un altro tipo di uccello – v. nota].  Il totì è nero, ma ciò non si riferisce al presidente Barack Obama. Questi, al contrario, è l´unico presidente nordamericano ad aver riconosciuto che la politica degli Stai Uniti riguardo a Cuba era sbagliata (oltre che ferrata [armata], possiamo aggiungere).

Da tanto tempo noi cubani speriamo che qualcuno dei nostri governanti intoni il “mea culpa”, nos importa se in modo stonato. É giusto dire che molte realizzazioni del processo rivoluzionario si sono prodotte nonostante la politica degli Stati Uniti nei confronti di Cuba. Ma non si può dimenticare che quella politica, servita su un vassoio d´argento, ha giustificato le tante repressioni sofferte dal popolo cubano, permettendo al governo cubano di rimanere stabile al potere per più di 50 anni. Per questo, i messaggi e le petizioni del Papa devono essere meditati personalmente da parte di ogni governo, perché a tutti i sistemi politici succede come all’ajiaco [lo stufato di carne e spezie –ndr]: rimangono tanto tempo sul fuoco che, come dicono a Cuba, non servono neanche ai maiali.

Anche Cuba ha i suoi problemi ecologici, economici e migratori, perciò il governo cubano ha responsabilità su questi. Ciò nonostante, è sempre stato più facile affermare ad esempio che sono soltanto “i canti delle sirene dell´imperialismo” a spingere i cubani a quella specie di roulette russa che è una zattera alla deriva in mezzo al Golfo [ del Messico, nella fuga verso la Florida-ndr]. Cuba non ha mai permesso ai cubani alcun dissenso. In qualche momento sono stati chiamati “vermi e scorie”, hanno fatto gesti di ripudio, sofferto la vergogna di essere lapidati e fischiati. É curioso come alcuni episodi della Rivoluzione cubana rimangano archiviati, ciò che ha dato luogo all’idea che l´unica letteratura di cui vantarsi è quella dell’esilio, con il suo particolare sapore di cicuta. Se il governo cubano parla tanto dell’importanza della storia, è bene che il popolo cubano abbia accesso a tutte le versioni della storia. Ancora di più, il popolo cubano sarebbe più felice se ascoltasse dal proprio governo il riconoscimento dei suoi errori e non una constante giustificazione delle sue azioni. Perché quando una persona scappa dal suo Paese, cercando un miglioramento, è perché purtroppo, sente che nel suo Paese non riesce a farlo. Forse i cubani che arrivano negli Stati Uniti hanno alcuni vantaggi rispetto ad altri migranti, ma questo non li rende meno indifesi nell´ora della nostalgia e dei dubbi.

Lo “scetticismo entusiasta”

La Chiesa cubana ha vissuto la crudeltà di quella repressione, forse in principio per essere molto di destra, ma soprattutto per la cruda natura di quello che si decise di chiamare ateismo scientifico. Qualsiasi credo religioso era considerato pura superstizione e una deviazione ideologica. Cuba che tanto sostiene la famiglia, è stata pioniera nella divisione della famiglia per ragioni ideologiche. Oggi esiste molta preoccupazione per l’apatia dei giovani e una volta in più, continuiamo a incolpare il totí. Da una parte usiamo la fanfara per le nostre prodezze nel campo dell´educazione; dall´altra, ci lamentiamo che ci rubino i cervelli. Qualcosa deve essere fallito nel processo rivoluzionario se al cubano sembra di poter vivere bene in qualunque parte del mondo meno che nel proprio Paese. Certamente questi non sono commenti “pubblicabili”. Sono commenti che, anche adesso, la gente ha paura di dire a voce alta. Si dicono a tu per tu, sussurrando perché “i muri hanno orecchie”. Intanto, si continua a fingere. É triste che un cubano faccia la promessa di un pellegrinaggio al santuario del Cobre per chiedere di poter uscire dal Paese. Triste e paradossale che si preghi la Madonna per riuscire ad abbandonare Cuba.

Credo che dentro la fede si nasconda un certo scetticismo. Chiamiamolo “scetticismo entusiasta”, come fa J.M. Cabodevilla[3]. Non ho nessun dubbio su quello che dirá il Papa Francesco durante la sua permanenza in Cuba, né su come lo dirà. Ma ho dei dubbi su come sarà ricevuto dai nostri governanti. Il popolo, una volta in piú, esce in strada a dare un “caldo e affettuoso benvenuto”. Sono ormai passati i tempi nei quali i cattolici assistevano pieni di paura alle affollate manifestazioni organizzate e permesse dal governo, perché in ogni persona che gridava accanto vedevano un agente della sicurezza dello Stato, disposto a frenare qualsiasi tentativo di esultanza perché non si convertisse in una  manifestazione contro il governo. Se Giovanni Paolo II è stato preceduto dalla fama di propiziare la caduta del campo socialista, Francesco è preceduto dalla fama di un autentico desiderio di affermare che le uniche cose capaci di far si che il mondo non crolli, sono soltanto la pace, il perdono, la riconciliazione, la compassione e la misericordia che nascono dalla fede.

Non m’interessa peccare d’ingenuità, però a volte sogno che i presidenti adottino per sé quel gesto reale e significativo di S. Francesco d´Assisi, quando rimase nudo in mezzo alla Piazza, simbolo della sua consegna totale al Padre Celeste. Affinché il ridicolo non sia estremo, ammetterei che sotto i vestiti portassero un pannolino usa-e-getta. E come simbolo di buona volontà, un cambio di latte per bambini. Tristemente, a volte non sono i presidenti con la loro testardaggine a farmi tornare alla cruda realtà. Era impossibile che l´arrivo del Papa fosse mal organizzato. Impossibile dato che è il governo a organizzare tutto. La catena di persone lungo le strade agitando le bandierine e gridando slogan, mi ricordano troppo quelle catene umane alle quali quelli della mia generazione dovevano partecipare obbligatoriamente, per ricevere certe personalità come Leonid Breznev o Erich Honecker.

I giovani gridavano: “Questa è/ la gioventù di Cristo”, con la stessa cadenza ritmica che in altri tempi si usava per cantare : “Fidel sicuro/ agli yankee dagli duro”. Ciò mi fa pensare che non siamo neppure originali all´ora di creare e favorire un benvenuto. Mi è sembrato triste anche notare che tutto è stato così ben organizzato, che il Telegiornale Nazionale, nella sua emissione di sabato 19 settembre, ha annunziato che l’indomani “non si ristabilirà il servizio dei mezzi pubblici fino a due ore dopo cha abbiano finito gli eventi nella Piazza della Rivoluzione”. Sento tanto dolore per gli abitanti dell’Avana, per questa grande percentuale di popolazione a cui non interessa per nulla la visita del Papa e che se avrà bisogno di muoversi in città, dovrà sottomettersi al furto dei conduttori delle macchine private in affitto.

Pessimista? Sicuramente no. Lo stesso Capodevilla ha detto che pessimista è una persona che ha vissuto troppo tempo assieme ad un ottimista. Io ho vissuto troppo tempo a Cuba. Un grande mio amico - qualcuno per niente famoso e che ha nel suo bagaglio l´essere stato seminarista, teologo della liberazione, prigioniero delle UMAP[4], attivista del Movimento Cristiano di Liberazione e alcolico, non precisamente anonimo, peccato non abbia scritto le sue memorie- dice con molta certezza che se il popolo cubano oggi é fan di tutto quello che è americano (degli Stati Uniti, non dell’America latina), è grazie agli sproloqui di Fidel contro l´Impero. La legge è vecchia come l´umanità: se vuoi che qualcuno faccia qualcosa, vietaglielo.

Una parodia cubana della Genesi sarebbe quella in cui Adamo pecca, non già perché il majá (a Cuba si chiama così il serpente) ha fatto cadere il pettegolezzo sul [potere di ] mangiarsi la mela, ma che Adamo uccida e si mangi il serpente. Così, allo stesso modo in cui l’aborigeno cacciando una tigre e mangiandosela crede di acquisire la forza della tigre, l´uomo, dopo aver cacciato e mangiato il serpente dell’Eden, acquista la diabolica furbizia del fingere. E mi pare che il merito di questa parodia la dobbiamo al domenicano brasiliano Frei Betto per il suo libro “Fidel e la religione” (1985).

Ad ogni modo, ecologie e ecologismi a parte, non ci inganniamo. Francesco è preceduto da Francesco, ciò che è molto. Se potessi incontrarmi con lui personalmente, gli confesserei che faccio tesoro di una frase di quel grande gesuita che è stato Theilhard de Chardin: “Per coloro che cercano Iddio niente è buono in modo immediato, ma tutto è suscettibile di arrivare ad esserlo”. E sono sicuro che Francesco, Francesco il papa, mi risponderebbe. “Sì, figlio, era quello che volevo dirti”.

 

Nota: Jilguero é il nome comune di una delle specie di un gran genere di uccelli canori. é un uccello molto bello, con dei colori meravigliosi. Popolazioni intere di questi uccelli sono stati sul punto di scomparire a causa della domanda del mercato di averli come uccelli in gabbia. Gli ibridi tra un canarino comune ed il jilguero allevati in cattività hanno un canto molto gradevole. A Cuba, chiamare jilguero una persona allude al suo saper cantare, alla sua melodia, alla sua arte di imbastire parole e fare innamorare attraverso di esse.

Il totí, invece, é un uccello che ha delle piume molto nere ed il becco curvo, si nutre di semi ed insetti. Ha la fama di essere un uccello infausto e allora, porta su di sé lo stigma di essere il responsabile di qualsiasi disgrazia. Succeda quel che succeda, “la colpa è del totí”.

 

 

 

 

 

* Scrittore. Fisico nucleare. Laureato in formazione catechetica, antropología filosofica e dottrina sociale della Chiesa all’Istituto Internazionale di Teología a distanza della Pontificia Universitá di Comillas, Madrid. Vive en Cienfuegos, Cuba. Si definisce “cattolico a piedi, o meglio su ruote”. É limitato físicamente, il che, secondo le sue parole, è l´opportunità di convertirsi in un “illimitato spirituale”.

 


[1] Una polvere che si usa nei riti Vudu, che serve per “smussare gli angoli” delle persone, renderle amorose.

[2] Il riferimento è a Jorge Mañach y Robato (1898-1961), grande intellettuale cubano, che aiutò la rivoluzione contro la dittatura di Fulgenzio Batista. Divenne per poco tempo ministro degli esteri. Per aver criticato Fidel Castro, è stato costretto ad andare in esilio a Porto Rico.

[3] Scrittore e teologo spagnolo (1928-2003), autore di decine di libri di spiritualità.

[4] Unità militari di aiuto alla produzione: i campi di concentramento in attività a Cuba.