Il premier vietnamita a Wall Street, cuore del capitalismo
Phan Van Khai ha visitato ieri la sede di New York della Borsa. La visita è stata duramente contestata dalla comunità vietnamita americana.  

New York (AsiaNews/Agenzie) - Il primo ministro vietnamita Phan Van Khai, capo di uno degli ultimi regimi comunisti, ha suonato ieri alla porta di uno dei cuori istituzionali del capitalismo, la borsa di New York. Khai, il primo capo di governo vietnamita in visita negli Stati Uniti dalla fine della Guerra del Vietnam, era affacciato al balcone guardando i broker e gli agenti di borsa assieme al suo vicepremier e ministro delle finanze e al responsabile degli scambi azionistici dello Stock Exchange, John Thain.

Come Khai ha suonato la campana per l'inizio degli affari, numerosi agenti di borsa si sono girati verso la balconata, applaudendo e rispondendo al suo saluto con la mano. "Credo che abbiamo vinto la guerra, a conti fatti!", ha scherzato sul passato uno degli agenti a proposito della visita di Khai. Il quale ha poi fatto una veloce visita in mezzo agli agenti nel corso degli scambi.

Sulla grande facciata del palazzo di Wall Street una grande bandiera vietnamita, con stella gialla su fondo rosso, campeggiava accanto a quella stelle e strisce. Ma l'atteggiamento di chi ci si trovava davanti era meno accomodante di quello degli agenti di borsa: circa 100 immigrati vietnamiti, brandendo la vecchia bandiera della Repubblica del Vietnam, urlavano "Comunisti a casa!" e "Phan Van Khai è un assassino". "Il primo ministro - ha detto Nguyet Minh Nguyen, presidente della Comunità Vietnamita della California del Sud - rappresenta un regime che viola i diritti umani e reprime la libertà religiosa in Vietnam". "Non capiamo - ha continuato - perché l'amministrazione Usa stenda un tappeto rosso per lui. Non merita questo rispetto".

I manifestanti arrivati lì, dal Texas al Maine (e alcuni anche da altri Paesi e da oltreoceano) avevano già dimostrato in settimana contro gli appuntamenti di Khai a Washington, fra cui la visita di martedì alla Casa Bianca per un colloquio con G.W. Bush. "Non lo vogliamo qui! Quando in Vietnam ci sarà la libertà, allora potrà venire", ha esclamato Christine Ho, la quale, come molti dei manifestanti, lasciò il Vietnam 30 anni fa.

Dopo il loro incontro di martedì, Bush ha affermato di avere discusso con lui di "questioni umanitarie", come la lotta all'Aids, passando relativamente sotto silenzio le critiche di numerosi politici americani per i dati sul rispetto dei diritti umani nel Paese del Sud Est asiatico, sostenendo piuttosto la richiesta vietnamita di entrare nell'Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc). Bush ha anche confermato di avere accettato l'invito in Vietnam per il prossimo anno.

Il governo del Paese asiatico vorrebbe concludere i negoziati circa l'Omc per dicembre, ma la questione cruciale è ottenere lo status di "nazione favorita" dal Congresso Usa: molti parlamentari americani hanno criticato i dati su Hanoi concernenti i diritti umani.  Alcuni di questi deputati stanno preparando un documento nel quale si chiede al governo di Hanoi una maggiore libertà politica e religiosa.