Prigionieri politici tamil minacciano lo sciopero della fame se Colombo non li rilascia subito
di Melani Manel Perera
Il tribunale ha deciso che i tamil rimarranno dietro le sbarre almeno fino al 18 novembre e saranno sottoposti a percorsi di riabilitazione. Sacerdote anglicano: “Il governo non li riconosce come ‘prigionieri politici’ ma li vuole riabilitare in carcere. È una decisione inutile, dopo tanti anni di detenzione”. Ad ottobre un primo sciopero della fame. Il presidente Sirisena aveva promesso di scarcerarli entro il 7 novembre, “ma nulla è stato fatto”.

Colombo (AsiaNews) – Decine di prigionieri politici tamil minacciano di riprendere il 7 novembre lo sciopero della fame se il governo dello Sri Lanka non provvederà al loro rilascio immediato. P. Marimuttu Sathiveil, sacerdote anglicano e attivista sociale, commenta ad AsiaNews: “Quando i tamil hanno iniziato un primo sciopero della fame il 12 ottobre scorso, il presidente Sirisena aveva promesso di liberarli entro il 7 novembre. Ma ad oggi [ieri] nulla è stato fatto. I detenuti aspetteranno fino alla mezzanotte, poi andranno avanti con la loro protesta”.

L’attivista fa sapere che le condizioni dei tamil sono sempre più precarie. Da anni nelle carceri del Paese sono rinchiusi 268 prigionieri di etnia tamil, di cui 51 sotto processo, accusati di aver commesso atti di terrorismo durante la trentennale guerra civile che ha contrapposto l’esercito regolare e i ribelli delle Tigri Tamil. I detenuti hanno sempre professato la loro innocenza e si dichiarano “prigionieri politici”.

A gennaio di quest’anno la popolazione tamil è stata tra i maggiori sostenitori dell’elezione del presidente Sirisena, visto come l’interlocutore più disponibile a prendere in considerazione il loro calvario. Il nuovo capo di Stato ha anche concesso per la prima volta il ricordo delle vittime di guerra e sta affrontando il problema delle terre requisite alla popolazione locale dai militari, dopo che il rapporto dell’Onu sulle violenze di quegli anni ha confermato le responsabilità dell’ex presidente Rajapaksa.

Ma le vittime lamentano di essere tutt’ora ignorate dalle autorità di Colombo. Non solo, essi sono detenuti in base all’Atto di prevenzione del terrorismo (PTA), tramite il quale il procuratore generale ha deciso di sottoporli ad un processo di riabilitazione in carcere. Ieri il tribunale ha anche deciso che dovranno rimanere rinchiusi almeno fino al 18 novembre, anche se molti di loro sono accusati di crimini minori.

P. Sathiveil, che è membro del Movimento nazionale per il rilascio dei prigionieri politici, riferisce: “Ci siamo stupiti quando abbiamo sentito parlare di riabilitazione per questi carcerati, che il governo dello Sri Lanka non riconosce come ‘prigionieri politici’. La prigione è il luogo migliore per la riabilitazione di un detenuto, se almeno il sistema carcerario funzionasse bene. Ma in questo caso è inutile continuare a tenerli rinchiusi dopo che hanno già trascorso molti anni dietro le sbarre. Molti di essi sono già condannati a non avere un futuro”.

Secondo l’attivista l’unica soluzione è un processo di riconciliazione e il rilascio immediato. Nel frattempo, i prigionieri tamil ricominceranno lo sciopero della fame e i loro familiari daranno vita a forme di protesta pacifica (v. foto), attuate più volte durante gli ultimi mesi.