Cina, “sparito” un miliardario: E’ la morte dello stato di diritto
Una fonte sindacale commenta ad AsiaNews la vicenda di Guo Guangchang, fondatore del gruppo Fosun considerato il “Warren Buffett” dell’Asia: “A prescindere dalla sua vicenda, è l’intera struttura sociale che sta collassando. Il governo fa quello che vuole senza neanche più manipolare le procedure legali. Ma così finisce anche l’impresa privata, ultimo motore della crescita economica”.

Pechino (AsiaNews) – La “sparizione” del tycoon miliardario Guo Guangchang “segna la morte definitiva dello stato di diritto in Cina. Ormai il governo fa quello che vuole senza neanche più manipolare le procedure legali”. Lo dice ad AsiaNews una fonte sindacale che lavora con la Repubblica popolare, anonima per motivi di sicurezza. Guo, considerato il “Warren Buffett dell’Asia”, sembra essere irrintracciabile: il suo gruppo ha sospeso le quotazioni in Borsa mentre si rincorrono notizie sulla sua sorte.

Il sito Caixin, molto informato sui movimenti degli industriali cinesi, sostiene che la sparizione di Guo può indicare l’arresto del finanziere oppure la sua collaborazione con le autorità in un altro caso. Di certo egli è scomparso dopo essere atterrato a Shanghai, di ritorno da un viaggio di lavoro a Hong Kong. Alcuni dirigenti del gruppo Fosun, punta di diamante dell’impero economico di Guo, ritengono che si tratti di “pettegolezzi”. Altri parlano invece di “connessioni politiche finite male”.

Un industriale dice al South China Morning Post che alla base di tutto potrebbe esserci il rapporto fra Guo e Yao Gang, vice presidente della Commissione regolatrice cinese, oppure quello con Ai Baojun, vice sindaco di Shanghai. Entrambi sono nelle mani dell’anti-corruzione cinese e in attesa di processo. Una fonte interna al gruppo sostiene però che il presidente “è stato sempre molto cauto nei suoi rapporti politici. Diceva spesso di essere vicino alla politica ma lontano da chi la fa”.

La fonte di AsiaNews spiega: “Fino alla presidenza di Xi Jinping, lo sviluppo economico cinese è stato caratterizzato da una sorta di ‘lotta fra bande’. Gli imprenditori si legavano ai vertici del Partito sapendo che, se questi ultimi cadevano in disgrazia, anche loro rischiavano tutto. Ma era un rischio calcolato, una sorta di ‘rischio di impresa’. Adesso invece non c’è più alcuna regola”.

Questo, conclude, “potrebbe ritorcersi contro il governo attuale. In Cina non vi sono leggi certe, sindacati o tutele del lavoratore e del suo datore di lavoro. Questo modo di fare poteva ancora reggere, anche se ingiusto, con la tutela dispotica della politica. Ma se cade anche questa, nessun privato investirà più nulla. E i privati sono ormai l’ultimo motore funzionante dell’economia cinese”.