Chiesa irakena: Natale, occasione di festa per costruire con i musulmani un Paese “migliore”
Nel messaggio ai fedeli, il patriarcato caldeo ricorda le numerose ingiustizie che hanno colpito la comunità cristiana. E assicura: “Non arretreremo di un passo”. Mar Sako ringrazia quanti si battono per “i diritti di tutti i cittadini”. Profughi di Mosul, islamizzazione forzata, famiglie espropriate le principali urgenze.

Baghdad (AsiaNews) - “Non arretreremo di un passo di fronte alle ingiustizie. Al contrario, saremo ancor più legati alla nostra terra, ai nostri ideali di patriottismo e continueremo a vivere il nostro amore per i concittadini [anche musulmani], per il solo fatto che essi sono i nostri fratelli”. È quanto afferma il Patriarcato caldeo di Baghdad, in un comunicato ufficiale inviato ad AsiaNews alla vigilia delle celebrazioni per il Natale, in un clima di sofferenze, persecuzioni e abusi verso la comunità cristiana. In Iraq “ci prepariamo a celebrare la nascita di Cristo che viene nei nostri cuori nel silenzio e nelle lacrime” affermano i vertici del patriarcato, ma “nonostante le prove” l’obiettivo è costruire “un Paese più giusto e un avvenire migliore”. 

Sua beatitudine Mar Louis Raphael Sako, che domani aprirà la Porta Santa della cattedrale di Baghdad, rivolge “sentiti ringraziamenti” verso quanti “hanno sostenuto la causa dei diritti umani in Iraq”, valori che riguardano “tutti i cittadini”, cristiani e musulmani, “senza distinzione”. 

“La festa della Natività di Cristo, portatore di pace e di giustizia - si legge nel comunicato patriarcale - è una delle più importanti feste, celebrate da milioni di cristiani, in tutto il mondo”. Tuttavia, anche quest’anno la comunità cristiana irakena si avvicina all’evento “in condizioni deplorevoli” sia per il progressivo “deterioramento della situazione a tutti i livelli” e per alcuni fatti specifici che hanno colpito i cristiani. 

Il patriarcato ricorda in primis le condizioni di almeno 120mila persone costrette a fuggire dalle proprie case a Mosul e nella piana di Ninive, per l’arrivo dello Stato islamico (SI) che dall’estate 2014 controlla il territorio con la violenza e il terrore. Per gli sfollati è il secondo Natale lontani dalle loro abitazioni e dalla loro terra, e non vi sono prospettive di un ritorno a breve periodo. 

I problemi non riguardano solo le famiglie del nord, ma coinvolgono anche la stessa comunità di Baghdad. Come denuncia il patriarcato, di recente le famiglie cristiane sono state oggetto di attacchi mirati ed espropri da parte di bande di delinquenti e gruppi estremisti. L’ultimo caso è dei giorni scorsi, quando una famiglia del quartiere Palestine nella capitale “è stata minacciata e derubata in pieno giorno”. 

E ancora, restano i problemi dal punto di vista “legislativo” che rendono la comunità cristiana (i vertici della Chiesa d’Iraq non vogliono parlare di minoranza, ma comunità inserita a tutti gli effetti nel contesto politico, sociale ed economico del Paese) “vittima di discriminazioni”. A tutt’oggi, ricorda il patriarcato, “non vi sono state modifiche” alla controversa norma sulla carta di identità, che comporta “l’islamizzazione” dei figli minori nel caso in cui uno dei genitori si converta all’islam. “Il comportamento di quanti sono preposti a rappresentarci - afferma la nota - dei nostri deputati, ha provocato profonde ferite nel cuore delle famiglie cristiane e dei loro bambini. È come se la libertà e i diritti fondamentali non valessero per noi”. 

“Come segno di unità nazionale - prosegue - aspettiamo dai nostri deputati l’ufficializzazione della festa del Natale quale giorno di riposo per tutti il Paese”, come aveva promesso a suo tempo “l’ex Primo Ministro irakeno e come già avviene dal 2012 a Kirkuk e nella regione del Kurdistan”. Rendere il Natale una festa di cristiani e musulmani sarebbe, per il patriarcato, un forte segnale di vicinanza e di integrazione. 

In realtà, questo ideale di fraternità “non fa che compiere passi all’indietro”. Al riguardo il patriarcato denuncia quanto è avvenuto a Baghdad il 13 dicembre scorso, quando probabili “membri delle milizie sciite” hanno affisso immagini della Vergine sulle case di alcune famiglie cristiane. I ritratti erano accompagnati da una scritta, che “invitava le donne cristiane a imitare la Vergine Santa e indossare anch’esse il velo”. Il patriarcato parla di pressioni inaccettabili “alla libertà dei cristiani” di abbigliarsi “come meglio credono”. “Perché la Madonna - chiariscono i vertici della Chiesa caldea - ha vissuto 2mila anni fa, in una società, in una cultura e in contesto ben diverso da quello attuale e il vero velo è quello che ammanta lo spirito e la moralità”.