Missionario Pime in Messico: La visita di Francesco è storica, non diventi un orpello

Il p. Damiano Tina del Pontificio Istituto Missioni Estere è nel Paese dal 2008 e opera nello Stato del Guerrero, segnato da violenze e narcotraffico. Ad AsiaNews spiega che il viaggio del papa “è attesissimo da tutti. La gente chiede al pontefice di puntare il dito contro i tanti, troppi mali di questa nazione e sono certo che lui lo farà”. Il rischio però “è che la visita rimanga sulla carta, come i discorsi. Una volta ripartito Francesco, toccherà alla Chiesa locale fare un salto di qualità”.


Acapulco (AsiaNews) – L’importanza storica del viaggio di papa Francesco in Messico “si comprende anche solo guardando le tappe della visita. Il pontefice toccherà tutti i luoghi emblematici del Paese: dalla grande periferia di Ecatepec, periferica dal punto di vista geografico ed essenziale, al confine di Ciudad Juarez, forse il peggiore del mondo. Tutto sotto il manto della Vergine di Guadalupe, santuario mariano cui il papa è molto legato”. Lo spiega ad AsiaNews p. Damiano Tina, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere nel Paese latinoamericano dal 2008.

Il missionario opera soprattutto nel Guerrero, Stato segnato da violenze e narcotraffico. Ora l’Istituto vorrebbe aprire una presenza ad Ecatepec, estrema periferia della megalopoli di Città del Messico: “Non è un caso che il papa abbia deciso di visitarla. Si tratta in maniera emblematica di una di quelle periferie urbane di cui tanto parla. Ecatepec è proprio una di queste e il Pime vuole avere una presenza lì per iniziare un lavoro di evangelizzazione con gli ultimi”.

L’attesa per l’arrivo del pontefice, spiega p. Tina, “è molto sentita, soprattutto negli Stati che Francesco sta per visitare. I cattolici attendono Francesco perché lo amano e lo sentono molto vicino. La gente vorrebbe che il Papa non rimanesse legato a una certa formalità e a certi discorsi preconfezionati. Tant’è vero che si aspettano che Francesco punti il dito contro le tante cose che qui in Messico non vanno: corruzione, violenze, sequestri, narcotraffico”.

In un video mandato in Vaticano, racconta ancora il missionario, “tanti cattolici comuni hanno chiesto al pontefice di non compiere una visita formale ma di dire le cose chiaramente come stanno. Il papa ha risposto in maniera positiva, ha detto che sa che in Messico si vive una guerra e ha aggiunto che non rimarrà in silenzio”.

Che Francesco conosca il Messico “è evidente dal programma della visita. Le tappe del viaggio rappresentano i tasti dolenti del Paese. Città del Messico è il cuore del Paese, una megalopoli che vede convivere sia lo sviluppo che povertà e contraddizioni, mentre Ecatepec è ‘la periferia’ a lui tanto cara, quando dice di volere una Chiesa in uscita: è da lì che si guarda il mondo”. Molto importante anche la tappa in Chiapas: “Si tratta di uno Stato totalmente indigeno, e le radici del Messico sono indigene. Gli indigeni, come sempre avviene, sono emarginati: il papa vuole mostrare loro la sua vicinanza”.

Grande attesa anche per la tappa al nord: “Ciudad Juarez è il confine più difficile del mondo, dove continuamente si cerca di raggiungere il sogno americano per vie clandestine, dove tanti sono morti e continuano a morire, dove si commercia in armi, uomini e droga… A loro il papa esprimerà l’impegno della Chiesa per il futuro e il dolore per le troppe vittime di questo commercio”. Tutto questo, ovviamente, “sotto il manto della Vergine di Guadalupe, che Francesco visiterà con devozione filiale. È il santuario mariano più importante del continente e probabilmente del mondo, una luce per il Messico”.

A fianco dell’entusiasmo per la visita, però, si annida un grosso rischio: “Quello che il papa venga ascoltato ma ignorato. Non bisogna dare per scontato che dopo il suo viaggio venga poi messo in atto un vero cambiamento. La Chiesa locale è un po’ pachidermica, non incline alla trasformazione: devota e corretta, ma a volte troppo sacramentale. Francesco ci chiederà invece di fare un grosso salto di qualità: il suo è un viaggio importante, ma che non deve diventare un orpello”.