Kota Kinabalu, proselitismo islamico ai bambini delle scuole cattoliche

Suor Rita Chew, presidente della Commissione educativa dell’arcidiocesi di Kota Kinabalu, denuncia episodi di conversioni avvenuti negli istituti elementari: “Alcuni genitori hanno scoperto che ai figli vengono insegnate preghiere islamiche”. Il governo nega tutto, ma “sappiamo che vogliono diminuire il numero di cristiani laddove ce ne sono tanti”.


Kuala Lumpur (AsiaNews/Agenzie) – Pressioni sui giovani studenti delle scuole cattoliche perché si convertano all’islam. Le denuncia suor Rita Chew, presidente della Commissione educativa dell’arcidiocesi di Kota Kinabalu (Regione di Sabah, East Malaysia), secondo cui la presenza aggressiva dei musulmani nelle scuole gestite dalla Chiesa sta aumentando: “Alcune persone sembrano molto interessate a portare avanti programmi islamici nelle nostre scuole elementari”.

Fonti locali affermano che attività di proselitismo islamico avvengono in tutte le scuole del Paese, ad eccezione delle scuole private, e non risparmiano nemmeno gli istituti cattolici. Numerosi episodi, inoltre, dimostrano un diffuso pregiudizio nei confronti degli studenti non musulmani. “Il nostro timore – continua suor Chew – proviene dal fatto che le conversioni avvengono ma il governo nega questo fatto. Alcuni genitori cristiani hanno scoperto che ai loro figli vengono insegnate preghiere islamiche”.

Secondo la religiosa, queste attività di proselitismo sono volte ad un “recupero” islamico delle regioni di Sabah e Sarawak, dove i cristiani rappresentano una buona percentuale della popolazione e dove sono presenti la maggior parte delle scuole cattoliche. Dei 448 istituti cristiani e missionari della Malaysia, 130 sono a Sarawak e 98 a Sabah.

Le scuole cattoliche, però, godono di grande stima in Malaysia. Un ex educatore in pensione, intervistato dall’agenzia Ucan, afferma che i genitori musulmani spesso scelgono suole gestite dalla Chiesa per i loro figli, in quanto sono considerate centri d’eccellenza se paragonate a quelle statali: “In quelle – spiega l’uomo, che vuole l’anonimato – ci si concentra solo sugli esami e sui risultati, non è un educazione aperta e a tutto tondo, che è quello che i genitori vogliono per i loro figli”.