Vicario di Aleppo: governo e ribelli per la fine delle ostilità, in città tornano acqua e corrente

Per mons. Georges Abou Khazen il ritiro parziale delle truppe russe mostra che la situazione “si sta stabilizzando”. Il conflitto si è “attenuato”, villaggi e cittadine premono per “pace e riconciliazione”. Secondo il prelato paura e tensione cominciano a diminuire. Ad Aleppo migliora la situazione, disponibili acqua, elettricità e rifornimenti. È arrivato il tempo della pace.


Aleppo (AsiaNews) - Il ritiro delle truppe russe mostra che la situazione in Siria “si sta stabilizzando”, in molte regioni “il conflitto si è attenuato”, sempre più “villaggi e cittadine chiedono pace e riconciliazione”. E i vari fronti in lotta muovono con decisione verso “la fine delle ostilità”. È quanto racconta ad AsiaNews il vicario apostolico di Aleppo dei Latini, mons. Georges Abou Khazen, che mostra “cauto ottimismo” per lo sforzo diplomatico in atto a Ginevra e conferma il “desiderio di pace” fra la “popolazione siriana, martoriata da cinque anni di violenze”. Per il prelato è evidente la volontà di “non combattere più” e sono gli stessi cittadini “a chiedere ai gruppi armati, soprattutto ai jihadisti stranieri, di lasciare il Paese” perché esasperati dalla guerra.

Stamane la Russia ha iniziato il ritiro di equipaggiamenti militari dalla Siria; una mossa che segue la dichiarazione di ieri sera del presidente Vladimir Putin, secondo cui le forze russe hanno conseguito i loro obiettivi e occorre ora puntare sugli sforzi diplomatici. Intanto a Ginevra proseguono i negoziati fra governo di Damasco e ribelli, sotto l’egida delle Nazioni Unite.

Il vicario apostolico concorda con quanto affermato dall’inviato speciale Onu per la Siria, Staffan de Mistura, secondo cui questo è il “momento della verità” e non esiste un “piano B”, perché la sola alternativa ai colloqui di pace è un ritorno al conflitto a tutto campo. “Ha ragione - spiega mons. Abou Khazen - la gente è stanca e vuole la pace. Prevale un parziale, cauto ottimismo” e vi è una consapevolezza diffusa che “è arrivato il momento di mettere fine alle violenze”.

Del resto “la paura e la tensione” fra la popolazione civile “cominciano a diminuire”, aggiunge il prelato, e tutti guardano “ai colloqui di Ginevra con la forte speranza che sortiscano effetti positivi”. È fondamentale “lasciare il campo ai siriani”, alle varie anime del Paese, perché “si mettano d’accordo fra loro, lasciando da parte gli interessi delle potenze regionali e internazionali, che hanno sempre creato confusione e alimentato la tensione. Questo è il punto centrale della questione”. “Il dolore più grande per la Siria - aggiunge - è venuto da queste potenze regionali e internazionali, e se queste si sfilano le cose saranno più facili per tutti”.

Mons. Georges racconta che “molti dei gruppi armati” impegnati nel conflitto siriano “si sono allontanati dai jihadisti, da al Nusra e dallo Stato islamico”. Solo di recente, aggiunge, “42 gruppi combattenti hanno lasciato le armi, rompendo l’alleanza coi fondamentalisti. Ecco perché questo è il momento della verità e anche il governo siriano vuole davvero arrivare alla pace”.

Intanto sul terreno, seppur lentamente, la situazione comincia a migliorare grazie alla tregua delle ultime settimane che, seppur con qualche eccezione, nel complesso ha tenuto e ha permesso di risparmiare molte vittime, soprattutto fra i civili. “Ad Aleppo - racconta il vicario apostolico dei latini - è tornata l’elettricità. Adesso possiamo disporre per qualche ora al giorno della corrente, dopo ben sette mesi. E dopo due mesi è tornata anche l’acqua, i rifornimenti arrivano con regolarità e sono disponibili anche nelle regioni a lungo sotto assedio”. Egli sottolinea che “il clima è più disteso e un miglioramento già si vede. Anche la gente comincia a stare meglio, non vive più nella paura e non vuole tornare al periodo dei combattimenti più sanguinosi”.

“Molti combattenti siriani hanno lasciato le armi e sono tornati alla vita civile - conferma il prelato - e questo è uno dei segni più evidenti della riconciliazione interna. A centinaia in tutte le regioni sono tornati a uno stato civile, con l’assicurazione da parte del governo che non saranno perseguitati. E altri ancora hanno deciso di rientrare fra le fila dell’esercito regolare”. Ecco perché, conclude mons. Georges, “ribadisco una volta di più quello che ho detto più volte anche in passato: basta rifornire di armi i gruppi jihadisti, parliamo di pace e continuiamo con i colloqui e fermiamo il commercio di armamenti”.(DS)