Bao Tong: La censura imposta dal Pcc distrugge ogni tentativo di migliorare la Cina
di Bao Tong

Il grande statista dissidente analizza le recenti sessioni parlamentari cinesi. Il concetto di “libero dibattito” emerso alla morte di Mao Zedong è morto di nuovo con le politiche censorie di Xi Jinping. I delegati non devono parlare di quegli argomenti che sono sulla bocca di tutti: è inutile che si riuniscano. Il giornalista Jia Jia, “sparito” mentre era in viaggio verso Hong Kong, è stato preso dalla polizia: ha pubblicato una lettera aperta critica nei confronti del leader supremo.


Pechino (AsiaNews) – Yan Xin, avvocato dell’editorialista cinese Jia Jia, ha confermato oggi che il suo assistito è stato prelevato dalla polizia di Pechino mentre cercava di imbarcarsi su un aereo diretto a Hong Kong. Il giornalista ha “osato” pubblicare una lettera aperta che critica le politiche di Xi Jinping e chiede al leader supremo di dimettersi per il bene della Cina. Yan ha spiegato che il suo assistito “è sospettato di essere coinvolto in un certo caso”, ma non ha fornito altre spiegazioni.

Il testo è apparso lo scorso 4 marzo sul sito Watching – noto anche come Wujie News – collegato al governo. Indirizzata a Xi Jinping, ma senza firma, la lettera chiede le dimissioni del presidente e lo accusa di aver accumulato troppo potere, aver creato un “culto della personalità” e aver fallito in molti campi, dalla diplomazia all’economia. I firmatari anonimi si definiscono “leali sostenitori del Partito comunista”. Un collega di Jia spiega che coloro che sono stati coinvolti nella pubblicazione sono al momento “sotto inchiesta”.

Aumenta dunque in Cina la morsa della censura, al punto che il grande dissidente Bao Tong – ex segretario personale e amico del defunto leader comunista Zhao Ziyang – scrive: “Un singolo topo rovina l’intero pentolone di zuppa. Il pentolone è il dibattito politico in Cina; il topo è la censura”. Di seguito il testo completo dell’intervento di Bao, apparso su Radio Free Asia [traduzione in italiano a cura di AsiaNews].

Se i proverbi fossero un riassunto della vita reale, allora potremmo dire che le sessioni parlamentari [cinesi] di quest’anno sono state il proverbiale pentolone di zuppa che va buttata, dato che dentro vi è caduto un topo. La zuppa, ovviamente, si riferisce agli incontri annuali dell’Assemblea nazionale del Popolo (Anp) e della Conferenza consultiva politica del popolo cinese (Ccpcc) [che si sono svolte dal 3 al 15 marzo].

E il topo caduto è la lista dei 21 argomenti banditi, emessa dal Dipartimento centrale di propaganda del Partito comunista cinese [al potere] e indirizzata ai giornalisti incaricati di seguire gli incontri parlamentari. A questi reporter non è stato permesso di scrivere di smog, nonostante sia di fatto l’argomento che riempie la bocca di tutta la nazione. Non è stato loro permesso di parlare neanche di economia, a meno che non vi fosse qualcosa di carino da dire a proposito. Dubbi e altre notizie? Sono state un’area dove è proibito entrare.

Strettoie ancora più feroci sono state imposte sul parlare o sullo scrivere di religione. Ad esempio, ai giornalisti non è stato permesso criticare o chiedere lumi sulla rimozione delle croci da migliaia di chiese in una singola provincia. Azione che immagino sia ritenuta un’impresa lodevole.

Il Partito controlla i media

Mi chiedo chi sia stato di preciso a scegliere questi 21 argomenti banditi. Nessuno ha ammesso la responsabilità di questa scelta. Forse vogliono lasciarci nell’incertezza. Ma se – come tutti noi sappiamo – i media appartengono al Partito, allora è difficile che queste direttive siano giunte da un potere estraneo ad esso. Quindi il significato del nostro topo è che viene proibita ogni notizia o opinione che il Partito non vuole ascoltare.

Gli effetti di questa direttiva non si fermano ai media. È inevitabile che queste avranno un impatto anche sui delegati dell’Anp e della Ccpcc, su coloro che guidano queste assemblee e su chi è incaricato di seguirle. Se il potere ha già indicato di cosa non si deve parlare, perché allora l’Anp e la Ccpcc dovrebbero crearsi dei problemi e dei mal di testa cercando di dibattere di queste questioni in maniera logica e persuasiva?

Sarebbe stato inoltre sorprendente se queste direttive non avessero zittito anche tutte le voci al di fuori dell’Anp e della Ccpcc.

Migliaia di orecchie sorde

Seguendo questa logica, è normale che la petizione firmata da 144 cittadini che chiede all’Anp di aprire un’inchiesta pubblica sull’arresto di un gran numero di attivisti e avvocati per i diritti umani – arresti iniziati il 9 luglio del 2015 – sia stata accolta da migliaia di orecchie sorde.

E quando 12 nazioni che fanno parte del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite – ovvero Australia, Gran Bretagna, Danimarca, Finlandia, Germania, Islanda, Irlanda, Giappone, Norvegia, Olanda, Svezia e Stati Uniti – hanno emesso un documento che critica in maniera feroce la situazione dei diritti umani in Cina (con particolare preoccupazione per la situazione in carcere degli attivisti per i diritti umani, avvocati e leader della società civile), è naturale che questo sia stato accolto dall’indifferenza di diverse migliaia di delegati.

E quando il governatore di una provincia ha detto all’Anp che nessun lavoratore della sua zona era rimasto senza stipendio, costringendo decine di migliaia di minatori senza più un soldo a scendere in piazza per denunciarlo come bugiardo, non abbiamo ascoltato alcuna reazione dai vertici dell’Anp e della Ccpcc.

Per queste sessioni parlamentari vengono spese ingenti somme di denaro, di tempo e di energia. Potrebbero senza problemi essere un successo. Ma se un singolo topo decide di usare questo pentolone di zuppa come una toilette, e vi lascia cadere un pezzo di sterco [“bandire i diversi punti di vista”], allora tutto viene rovinato.

Siamo testimoni di un contrasto triste e stridente nei confronti delle teorie dell’allora premier Hu Yaobang, quando nel 1979 disse che nessun argomento andava lasciato fuori dalle discussioni. Quei politici dissero alla gente di non tirarsi indietro, e le cose sono procedute davvero bene. Almeno fino a che l’allora leader supremo Deng Xiaoping non ha deciso di rovesciare sul Paese un fiume di sangue e di imporre i quattro principi del socialismo e le quattro aree proibite per il popolo.

Va detto che anche quel singolo topo, lanciato da Deng, fece andare a male l’intero pentolone di zuppa.