A processo per omicidio colposo un soldato israeliano: ha ucciso un palestinese a terra

Il militare ha ucciso il 21enne Abdul Fatah al-Sharif quando era già ferito. In precedenza il palestinese aveva ferito a colpi di coltello due soldati israeliani. Ieri il premier Netanyahu ha telefonato al padre del militare. La vicenda ha diviso l’opinione pubblica fra innocentisti e colpevolisti. 


Gerusalemme (AsiaNews/Agenzie) - Sarà incriminato per “omicidio colposo” il soldato israeliano che ha ucciso nei giorni scorsi un assalitore palestinese, che si trovava già a terra ferito e ormai impossibilitato a colpire, nel contesto di una vicenda che ha diviso l’opinione pubblica. Ieri il militare, la cui identità rimane segreta per ordine della Corte, è comparso davanti ai giudici che hanno formulato il capo di imputazione e deciso per il rinvio a giudizio. 

Il fatto è accaduto la settimana scorsa a Hebron, in Cisgiordania; il soldato ha aperto il fuoco contro il giovane palestinese, il 21enne Abdul Fatah al-Sharif, che in precedenza aveva attaccato con un coltello altri soldati, ferendoli. L’assalitore era già steso a terra, in condizione di non poter più nuocere, anch’egli ferito. Ciononostante, il militare ha puntato il fucile e ha sparato, uccidendolo sul colpo. 

Istituzioni, politica, società civile e opinione pubblica si sono divise sulla vicenda fra innocentisti e colpevolisti. Una parte di Israele difende il militare, sostenendo che non ha compiuto alcun crimine; altri lo accusano invece di omicidio extra-giudiziale. 

Il gruppo attivista israeliano - con simpatie di sinistra - BTselem ha diffuso un filmato della vicenda, ripreso con un telefono cellulare; dalle immagini si vede un soldato brandire la sua arma, rivolgerla in direzione della vittima al momento inerme e aprire il fuoco. 

Il soldato ha dichiarato di temere un nuovo attacco del 21enne assalitore, che indossava una cintura esplosiva. Tuttavia, dall’indagine interna avviata dai vertici militari è emerso che il soldato avrebbe dichiarato a un commilitone che Abdul Fatah al-Sharif “meritava di morire” per aver accoltellato i compagni, poi ha aperto il fuoco. 

In precedenza Sharif e un altro palestinese, Ramzi Aziz al-Qasrawi, avevano accoltellato due soldati israeliani a un checkpoint di Hebron, città suddivisa fra un’area sotto il controllo palestinese e una piccola enclave israeliana, teatro di numerosi attacchi. 

In un primo momento il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva criticato l’operato del soldato, affermando che non rappresenta “i valori delle forze armate”. In seguito ha ammorbidito la posizione e, nella serata di ieri, ha telefonato al padre del giovane; nel colloquio il Primo Ministro ha espresso la solidarietà dell’esecutivo e ha affermato di comprendere “l’angoscia” della famiglia.

Dall’ottobre scorso, dopo una serie di provocazioni da parte di ebrei ultra-ortodossi di andare a pregare sulla Spianata delle moschee  si sono moltiplicati incidenti e scontri in Israele e nei territori palestinesi, nel contesto della cosiddetta “intifada dei coltelli”. Finora sono stati uccisi circa 200 palestinesi, 29 israeliani, due americani, un sudanese e un eritreo. La maggior parte dei palestinesi è stata uccisa mentre tentavano di accoltellare o di colpire con armi o con l’auto passanti o soldati. Altri sono stati uccisi nel corso di manifestazioni o in scontri con i militari.