Patriarcato caldeo: Politici cristiani al governo
di Joseph Mahmoud

È quanto chiedono i prelati irakeni al termine dell’incontro di oggi a Erbil "per un Iraq plurale e pluralista". Il patriarca Sako e i vescovi plaudono per le recenti vittorie militari contro lo Stato islamico e auspicano il ritorno dei cristiani nelle loro terre. Servono misure urgenti in tema di economia e lavoro, per vincere la povertà. Preoccupazione per la corruzione in ambito politico, finanziario e istituzionale. 


Erbil (AsiaNews) - Orgoglio per "le recenti vittorie dell’esercito irakeno, che è riuscito a sconfiggere a più riprese sul campo le milizie dello Stato islamico (SI), liberando aree da tempo nelle mani dei jihadisti". E ancora, “sostegno e solidarietà” per i milioni di sfollati e migranti cristiani che hanno dovuto abbandonare le loro terre, con la speranza che “possano tornare a casa e vivere in libertà, dignità e pace”. È quanto afferma il il patriarcato caldeo, in un comunicato ufficiale inviato ad AsiaNews al termine dell’incontro dei vescovi guidato dal presidente Mar Louis Raphael I Sako. Durante il summit, tenuto questa mattina nella sede estiva del patriarcato ad Ankara, quartiere cristiano di Erbil, nel Kurdistan irakeno, i vertici della Chiesa locale hanno anche auspicato “la presenza di politici cristiani nella [futura] squadra di governo”. 

Il patriarca caldeo e i prelati irakeni hanno discusso della situazione in Iraq e nella regione, con una particolare attenzione alla realtà dei cristiani, in patria e nei Paesi limitrofi. Fra i motivi di “crescente preoccupazione” il fenomeno della corruzione in ambito politico, finanziario e istituzionale, che è causa di un grave “declino economico”. 

I vertici della Chiesa locale ricordano inoltre le precarie condizioni di sicurezza del Paese, che non miglioreranno se non verranno prese misure urgenti in tema di lavoro, occupazione, impresa. “Molte famiglie - spiega la nota patriarcale - vivono al di sotto della soglia di povertà”. L’allarme è confermato dai dati: secondo fonti della Banca Mondiale il 28% delle famiglie irakene vive al di sotto della soglia minima e la tendenza è al peggioramento a causa della violenza e dell’impasse politico-istituzionale. L’incertezza alimentare riguarda il 16% della popolazione, i bambini al di sotto dei cinque anni malnutriti sono il 22%, il 21% soffre di ritardo nella crescita e il 5% di atrofia. 

Assieme ai leader religiosi irakeni, il patriarcato auspica che siano garantiti i servizi di base a tutti i cittadini, giustizia sociale, rispetto dei diritti umani e fine delle divisioni su base confessionale. In questo senso sono necessarie “riforme” da affiancare a un “processo di riconciliazione nazionale” da affidare a una “leadership politica saggia”. 

Il recente rimpasto nella squadra di governo, prosegue la nota della Chiesa caldea, potrebbe costituire “il primo passo” in questa direzione, anche se necessita in precedenza di un “cambio radicale dei cuori e una liberazione dello spirito”. “Al contempo - afferma la nota - chiediamo la presenza di personalità cristiane nel nuovo governo, come promesso dal Primo Ministro nel discorso del 31 marzo 2016 quando ha detto che avrebbe coinvolto tutte le anime del popolo irakeno”. 

I prelati caldei auspicano una rapida liberazione di Mosul e della piana di Ninive, grazie al sacrificio delle forze armate irakene, dei peshmerga curdi e di altri gruppi para-militari che hanno inferto pesanti sconfitte nelle scorse settimane alle milizie dello SI. Solo con “coraggio, forza e determinazione” sarà possibile “superare queste crisi”. Infine, l’appello alla protezione delle proprietà cristiane, case e attività commerciali della capitale, requisite o danneggiate da bande criminali e gruppi estremisti e l’invito ai fedeli di “essere pazienti, fiduciosi” e a non cadere nella trappola dell’emigrazione e dei trafficanti di vite umane.