Vicario di Gerusalemme: Scuole cristiane senza fondi, Israele non rispetta gli accordi

Il ministero dell’Istruzione non ha versato i 50 milioni di shekels promessi a inizio anno scolastico. Il governo vuole accorpare le scuole nel sistema pubblico, facendo perdere loro l’identità cristiana e la vocazione multiculturale. Mons. Marcuzzo annuncia una campagna di mobilitazione internazionale. 


Gerusalemme (AsiaNews) - Il ministero israeliano dell’Istruzione “non ha tenuto fede all’accordo” e non ha versato alle scuole cristiane di Terra Santa la somma concordata a suo tempo. Avevano promesso “50 milioni di shekels per quest’anno”, la metà “nei primi tre mesi” e l’altra metà “nei successivi”, ma finora “niente è stato onorato” e “siamo ormai a fine anno scolastico”.

Emergono sconcerto e delusione dalle parole di mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario patriarcale di Gerusalemme, che ad AsiaNews conferma il mancato versamento da parte del governo dei fondi necessari alla sopravvivenza degli istituti cristiani. Un accordo frutto di una battaglia condotta nel settembre scorso contro i tagli del ministero israeliano dell’Istruzione, e che aveva causato lo slittamento dell’inizio dell’anno scolastico. 

L’accordo prevedeva anche la creazione di una Commissione bilaterale, chiamata a studiare e risolvere “i problemi pendenti” fra scuole e ministero. Tuttavia, spiega il prelato, dopo mesi di lavoro e “nonostante le molte proposte che abbiamo fatto, grazie anche al lavoro encomiabile di un avvocato ebreo”, la controparte ha affermato che “non vi sono soluzioni, né passi in avanti”. 

Nel settembre scorso le scuole cristiane hanno protestate per quattro settimane, facendo slittare l’inizio delle attività, per protestare contro il taglio dei fondi e la statalizzazione degli istituti deciso di Israele. Professori e alunni hanno denunciato una doppia discriminazione: il governo aveva ridotto le sovvenzioni fino a coprire solo il 29% delle spese; allo stesso tempo, aveva posto un limite alle rette che le scuole possono ricevere dalle famiglie.

La Chiesa di Terra Santa e i vescovi europei hanno sostenuto la battaglia di genitori e alunni.

In base al successivo accordo il governo israeliano si era impegnato a versare una prima rata di 50 milioni di shekels per l’anno scolastico 2015-2016 (12 milioni di euro, a fronte di un budget per le scuole in Israele di 11,5 miliardi), annullando anche il taglio al budget in vigore dal 2013. Agli studenti veniva riconosciuto il diritto al tempo pieno e gli insegnanti pagati per i corsi di aggiornamento, malattia e permessi speciali. I due fronti hanno poi concordato la nascita di una Commissione, chiamata a dirimere le future controversie.

“Ripetono sempre la stessa cosa - riferisce ad AsiaNews mons. Marcuzzo - insistendo sul fatto che le scuole cristiane rientrino nel sistema pubblico. Per noi non sarebbe un problema, a patto di non perdere la nostra identità e la particolarità stessa delle scuole, che altrimenti verrebbero a perdere il senso del loro esistere”. I 47 istituti cristiani accolgono circa 33mila alunni cristiani, musulmani, drusi ed ebrei da tutto il Paese. Il governo ha ridotto sempre più i fondi negli ultimi anni, proponendo l’integrazione nel settore pubblico; una soluzione che cancella l’indipendenza e i valori delle scuole stesse. Le scuole ultra-ortodosse ebraiche, le quali rientrano nello stesso status delle cattoliche, ricevono un finanziamento pieno dal governo e completa autonomia.

Dal governo “non è emersa nessuna proposta nuova” e questo, riferisce il prelato, “ci ha messo in allarme. Per questo, aggiunge, “vogliamo lanciare una campagna di informazione e di mobilitazione nazionale e internazionale. Abbiamo scritto alle ambasciate in Israele, alla Segreteria di Stato in Vaticano, vogliamo che Israele risponda di questa mancanza. È un fatto gravissimo”. 

Mons. Marcuzzo riferisce che i vertici della Chiesa di Terra Santa - il patriarca, i vescovi, la Conferenza episcopale - hanno più volte chiesto un incontro col premier, che non ha mai risposto. Una parziale apertura è arrivata dal presidente, che ha incontrato i vertici cattolici senza alcun risultato nel concreto. “Ora vogliamo sensibilizzare l’opinione pubblica - conclude il vicario patriarcale - e far circolare il più possibile la vicenda. Speriamo di coinvolgere cattolici e associazionismo negli Stati Uniti, che forse potranno esercitare pressioni sul governo israeliano. Nel frattempo, però, le nostre scuole e i nostri studenti continuano a soffrir ed è evidente il rischio di chiusura”. (DS)