Teheran denuncia gli Stati Uniti al tribunale Onu per “appropriazione indebita” di due miliardi

La controversia riguarda i beni di proprietà della Banca centrale iraniana e congelati da Washington. La Corte suprema Usa ha stabilito che siano devoluti ai familiari delle vittime del terrorismo in Libano e Arabia saudita. Una accusa contestata con forza dalla Repubblica islamica, che parla di violazione del Trattato di amicizia del 1955 fra Washington e Teheran. 

 


Teheran (AsiaNews/Agenzie) - L’Iran ha intentato una causa contro gli Stati Uniti presso la Corte internazionale di giustizia (Icj), il massimo organismo giudiziario Onu, contro quella che viene definita “appropriazione indebita” di fondi appartenenti alla Repubblica islamica. Il riferimento è ai due miliardi di dollari di beni di proprietà di Teheran, ad oggi “congelati” dagli Usa; nei mesi scorsi la Corte suprema americana ha respinto la restituzione alla Banca centrale iraniana e ha ordinato di trasferire il denaro ai familiari dei cittadini uccisi in attacchi terroristici, dietro i quali si sospetta la regia dell’Iran.

Nell’istanza presentata al tribunale dell’Aja (Olanda), i vertici della Repubblica islamica sottolineano che “l’Iran e le compagnie iraniane di Stato devono poter godere dell’immunità rispetto a una eventuale azione legale” di un giudice statunitense. Questo, aggiungono, è quanto stabilito nel Trattato di amicizia sottoscritto il 15 agosto 1955 (ed entrato in vigore il 16 giugno 1957), che regola fra gli altri i rapporti diplomatici, le relazioni economiche e i diritti consolari. 

Nella sentenza emessa lo scorso aprile, la Corte suprema Usa aveva deciso di bloccare la restituzione dei fondi, stabilendo che il denaro fosse usato a titolo risarcitorio per i sopravvissuti e i familiari delle vittime di attentati attribuiti al Paese degli ayatollah. Fra questi vi sarebbero il bombardamento di una caserma dei marine americani a Beirut nel 1983 e l’attacco alle Khobar Towers del 1996 in Arabia Saudita.

La sentenza del tribunale riguarda circa un migliaio di cittadini statunitensi. 

La causa intentata all’Icj è confermata dal presidente iraniano Hassan Rouhani, che in una nota ufficiale rilanciata dall’agenzia di Stato Irna promette di “portare avanti la nostra causa fino a che non otterremo dei risultati”. Il presidente riformista ha inoltre aggiunto che “i tribunali statunitensi hanno stabilito in violazione della legge che questi fondi siano devoluti agli americani e ai familiari delle vittime uccise in Libano”. “Resta da capire - si chiede il presidente - cosa ci facessero questi americani in Libano e in che modo questa vicenda dovrebbe riguardare l’Iran”. 

Dopo anni di embargo, l’Iran ha ottenuto un parziale alleggerimento delle sanzioni economiche dell’Occidente, in cambio dell’accordo sul controverso programma atomico [per usi civili secondo Teheran, per produrre la bomba secondo altri Paesi fra cui Israele].

Tuttavia, gli Stati Uniti hanno mantenuto in vigore tutta una serie di sanzioni per il programma di missili balistici di Teheran, oltre che per il sostegno [armato] a movimenti sciiti in Medio oriente. Tra questi Hezbollah in Libano, il governo di Damasco in Siria e gli Houthi i ribelli Yemen. 

Le banche europee, che hanno delle filiali in territorio americano, si sono mostrate timide e non hanno ancora promosso appieno una ripresa degli affari e dei rapporti commerciali con Teheran, nel timore di procedimenti giudiziari oltre-oceano. Anche di recente Washington ha bloccato l’uso del dollaro nelle transazioni bancarie, fermando i nuovi contratti economici stabiliti dopo l’accordo sul nucleare. Ostacoli che, di fatto, favoriscono la fazione fondamentalista interna in Iran e mette in crisi il programma di riforme del presidente moderato Hassan Rouhani.

L’istanza avanzata presso la Corte internazionale di giustizia contesta il congelamento dei fondi, frutto della posizione del governo statunitense che continua a considerare l’Iran una nazione che “sponsorizza” il terrorismo di Stato. Il presidente Rouhani ha ribadito che “l’Iran e le compagnie iraniane devono poter godere dell’immunità” e non possono essere giudicate da tribunali Usa. Per questo Teheran ha avanzato una “protesta ufficiale” e chiede che siano restituiti i due miliardi di dollari “rubati” dagli americani. 

Ora il tribunale Onu, che ha celebrato di recente i 70 anni di attività, dovrà decidere se la vicenda rientra sotto la propria giurisdizione.