Non solo Wukan: una “epidemia di legalità” invade il Guangdong

La lotta contro la corruzione e gli espropri di terreni del “villaggio simbolo” nella ricca provincia meridionale spinge le aree confinanti a denunciare gli stessi soprusi. Mancano però i fondi per portare avanti le proteste e leader “puliti e capaci” di affrontare il governo. Lin Zuluan, capo villaggio e Segretario comunista di Wukan, “confessa” di aver preso tangenti. E sul sito del Global Times gli utenti chiedono: “L’avete torturato?”.


Guangzhou (AsiaNews) – La requisizione forzata delle terre, la totale assenza di rappresentatività giuridica o politica e la corruzione dei pubblici funzionari non colpiscono soltanto il “villaggio simbolo” di Wukan, ma anche quelli confinanti. Le proteste democratiche e le battaglie del piccolo villaggio del Guangdong contro la corruzione e la malversazione dei leader locali hanno spinto i residenti delle aree vicine a denunciare gli stessi problemi. Che però non conquistano l’attenzione pubblica perché mancano sostegno economico e leader capaci di guidare il popolo.

Liu Yongjian vive a Xialongtan – circa cinque chilometri da Wukan – e al South China Morning Post racconta: “I funzionari del mio villaggio hanno guadagnato circa 200 milioni di yuan [quasi 27 milioni di euro ndr] vendendo i terreni comuni, un hotel e altre due proprietà immobiliari di proprietà del popolo. Anche noi abbiamo lanciato una disputa legale che dura da tanti anni, ma dopo l’arresto di uno dei nostri capi la battaglia si è fermata”.

Secondo Liu, i residenti di Wukan sono stati in grado di dimostrare a lungo contro gli abusi perché vivono con minor pressione economica rispetto agli altri: “Anche loro erano poveri, tanti anni fa, ma diversi concittadini sono andati a Hong Kong e si sono costruiti una nuova vita. Ora forniscono sostegno finanziario al villaggio. Con quel denaro la sopravvivenza è garantita, anche in caso di sconfitta. I residenti hanno guadagnato fiducia e si sono uniti, sapendo di non doversi preoccupare di nulla”.

A pochi minuti di macchina dal “villaggio simbolo” si trova Longtou, dove 600mila metri quadrati di territorio pubblico sono stati venduti dai funzionari locali senza il consenso della popolazione. Il governo ha pagato ai residenti tra i 300 e i 400 yuan per metro quadro, ma li ha rivenduti a un prezzo fra i 2mila e i 3mila yuan. Un abitante dice: “A differenza di Wukan, noi non abbiamo i soldi e i rappresentanti competenti per guidarci. Un leader pulito e capace è un fattore vitale per il successo delle proteste. Lin Zuluan, capo di Wukan, ha queste caratteristiche. E questo lo ha aiutato a guidare la sua gente”.

Arrestato nei giorni scorsi con l’accusa di corruzione, Lin ha “confessato” ieri i suoi crimini nel corso di una conferenza stampa videoregistrata: “Ho ricevuto grandi profitti da progetti di sviluppo per il benessere pubblico e ho venduto beni comuni a causa della mia ignoranza della legge. È il mio crimine più serio, ma ora mi arrendo e voglio confessare tutto”.

Yuan Huaiyu, Procuratore capo del popolo di Shanwei, ha spiegato ai media che “sono state intraprese misure coercitive nei confronti di Lin, dopo tre mesi di indagini nati da denunce ricevute all’inizio dell’anno”. Il capo villaggio è anche Segretario del locale Partito comunista, e i suoi sostenitori hanno marciato nella giornata di ieri con le bandiere del Pcc (v. foto) chiedendo “giustizia e libertà” per il loro leader.

Il Global Times, giornale “partner” del Quotidiano del Popolo, ha pubblicato oggi un lungo articolo – nella sezione “In evidenza” – sulla “conclusione del caso Wukan”. Alcuni commenti nell’edizione online hanno però evidenziato diverse falle nell’inchiesta. “Liang5a”, utente del sito, scrive: “Cosa significa esattamente ‘misure coercitive’? Si tratta di torture? Spero che l’inchiesta sia più aperta in futuro, e ritengo che sarebbe d’aiuto anche sapere con esattezza di cosa parliamo quando diciamo tangenti: da chi le ha prese Lin? Di che entità sono? Che favori ha fatto per averle? Prima di dichiararlo colpevole, queste domande devono ricevere una risposta dal governo”. E “Concerned foreigner” chiosa: “Bene bene… Un’altra confessione forzata in Cina”.