Madre Teresa ha ispirato anche i musulmani alla carità
di Faisal Edhi

Il messaggio inviato al Simposio 2016 di AsiaNews dal figlio di Abdul Sattar Edhi, uno dei filantropi più noti dell’Asia, chiamato il “Madre Teresa pakistano”. L’esempio della futura santa ha mosso le coscienze della società pakistana e ha spinto alla misericordia i musulmani del Paese. Un ringraziamento speciale ai missionari che operano in Pakistan.


Roma (AsiaNews) – Abdul Sattar Edhi, uno dei più noti filantropi del Pakistan, si è spento lo scorso 8 luglio all’età di 88 anni in un ospedale di Karachi, dove era ricoverato da tempo per insufficienza renale. Ai suoi funerali hanno partecipato tantissimi fedeli di ogni confessione, che hanno voluto rendere omaggio a colui che veniva chiamato il “Madre Teresa pakistano”. In serata l’arcidiocesi di Karachi ha organizzato veglie di preghiera in tutte le chiese.

Ad AsiaNews vari esponenti della Chiesa pakistana, di Caritas Karachi, insieme ad attivisti, religiosi cristiani e musulmani hanno espresso profondo dolore per la morte di un “Angelo della misericordia” e sottolineato che il suo esempio di carità sopravvivrà in futuro grazie alle numerose opere sociali da lui avviate. Egli è il fondatore della “Edhi Foundation”, opera caritativa che gestisce la più grande rete di ambulanze in tutto il mondo.

Edhi era nato nel 1928 in un piccolo villaggio del Gujarat (India), ma nel 1947 – alla partizione del Paese – si era trasferito con la famiglia in Pakistan dove ha aperto il primo dispensario medico gratuito. Oggi, nel solo Pakistan, la sua fondazione ospita 5.700 persone in 17 istituti di accoglienza e coordina 1.500 ambulanze. La rete sociale gestisce decine di ospedali gratuiti, laboratori, orfanotrofi, case per anziani e centri di recupero dalle tossicodipendenze. Tutti i suoi centri dispongono di una culla dove poter lasciare i bambini nati da gravidanze indesiderate. Edhi ripeteva di continuo: “Non li uccidete, metteteli nella culla. Noi ci prenderemo cura di questi innocenti”.

Il filantropo ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali per il lavoro da lui svolto. Anche la moglie Bilquis Edhi è impegnata in campo umanitario e lo scorso anno ha ricevuto il Premio internazionale Madre Teresa. Nonostante i vari riconoscimenti, fino all’ultimo Edhi ha condotto una vita sobria e senza fasti, indossava vestiti semplici e viveva in una piccola stanza senza finestre accanto all’ufficio della fondazione.

Irfan Mufti, vice direttore di South Asia Partnership Pakistan, riferisce: “Edhi ha reso due grandi contributi alla nostra società. In un’epoca di materialismo, apatia, regressione, egli ha servito in modo umano, onesto e semplice con i tratti tipici di un operatore sociale. Inoltre ha rifiutato ogni posizione di potere, ricchezza, lusso. Le persone come lui trascendono ogni dimensione di tempo e spazio e diventano immortali attraverso le loro opere e parole”.

Dopo la morte di suo padre, Faisal Edhi, 40 anni, ha preso in mano le redini della Edhi Foundation (https://edhi.org/). La Fondazione, come già detto, gestisce la rete più grande al mondo di ambulanze e offre in modo gratuito ospitalità in case per anziani, orfanotrofi, case per ragazzi, centri di riabilitazione per drogati e per malati mentali

Di seguito il messaggio-testimonianza che ha inviato per il Simposio internazionale 2016 di AsiaNews.

Madre Teresa è stata una donna dal grande impegno sociale, che ha dedicato la sua intera vita al servizio dell’umanità senza distinzioni di casta o religione. La sua canonizzazione renderà immortale il suo servizio per i più poveri fra i poveri. Persone come lei aiutano a creare un’atmosfera che può aiutare nel far finire rivalità fra nazoni e gruppi etnici o religiosi.

Mio papà, Abdul Sattar Edhi, che è morto lo scorso luglio, parlava spesso delle buone opere della Madre di Calcutta. Mi diceva spesso: “Dovremmo tutti imparare da lei. I musulmani dovrebbero imparare da lei cosa vuole dire lo spirito missionario. Noi [musulmani] siamo stati negligenti in molti aspetti: non c’è molta gente impegnata in missioni umanitarie”.

Madre Teresa e mio padre appartengono allo stesso periodo storico. Molti giornali hanno soprannominato mio padre “La Madre Teresa del Pakistan”. Entrambi sono stati criticati da radicali religiosi e accusati di proselitismo, di voler convertire gente, forse perchè non avevano nessuna altra cosa da dire. Solo uno spirito missionario come il loro può aiutare a lavorare per il bene degli altri e comprendere le loro sofferenze.

Mio padre ha sempre ammirato le suore cattoliche che gestiscono alcuni centri per i disabili a Karachi, ha tenuto sempre relazioni strette con loro e spesso mi ha mandato là a stare con loro. Ancora oggi noi sosteniamo due di questi centri. Ogni giorno mandiamo cinque chili di carne di montone a Dar ul Sukun, un grande centro per disabili mentali e fisici, retto dalla Chiesa cattolica a Karachi.

Dopo la morte di mio papà, mons. Joseph Coutts, arcivescovo di Karachi, ha visitato il nostro centro con una delegazione per le condoglianze. Egli ha officiato una preghiera nella stanza dove mio padre lavorava. Il gruppo che è venuto con lui ha acceso alcune candele e ha pregato per la sua anima. Il vescovo mi ha donato anche una candela, dono del Vaticano. Ai funerali di mio padre a Karachi hanno partecipato molti sacerdoti e la domenica successiva, nelle chiese si sono tenute preghiere speciali per lui. Sono davvero grato che egli sia ricordato in questo modo.

Anche a mia madre, un’infermiera professionale, è stato dato il premio internazionale Madre Teresa in India, nel 2015, per la giustizia sociale.

I miei genitori si erano presi cura di Geeta, una ragazza indiana muta e sorda, che si era smarrita in Pakistan per oltre 10 anni. Ospitata nel nostro centro di Karachi, è poi riuscita a ritrovare la sua famiglia e ritornare in India. Il commento di mia madre è stato: “Sono felice che il nostro servizio sia stato accolto”.

Nei nostri centri ospitiamo persone di tutte le fedi e non contiamo mai quanti sono i musulmani e quanti sono quelli di altre religioni. Noi rispettiamo e trattiamo ciascuno con equità, compresi gli Ahmadi, che sono perseguitati in Pakistan perchè considerati musulmani eretici.

Per 24 anni mio padre mi ha educato a fare quello che Madre Teresa faceva. Io spero di poter servire i poveri con l’aiuto di Dio e secondo la sua volontà. Come musulmano e operatore sociale voglio ringraziare tutti i missionari per la loro dolcezza nell’aprire centri che lavorano nei Paesi del terzo mondo senza alcuna discriminazione. Non c’è esempio più calzante di quello che loro fanno, in particolare verso i disabili e in special modo verso i bambini handicappati. Io chiedo a loro di continuare a lavorare per migliorare l’umanità, perché la gente possa ricordare questo loro impegno.

Il Pakistan, con una popolazione di oltre 201 milioni, è la sesta nazione più popolosa al mondo. Lo Stato ha molte falle nel provvedere a servizi di base come il trasporto pubblico, la sanità e l’educazione di qualità. C’è bisogno di molto impegno e abbiamo bisogno di ancora più persone come Madre Teresa.

(ha collaborato Kamran Chaudry)