Giordania al voto per le elezioni legislative. In corsa anche i Fratelli musulmani

Sono circa 4,1 milioni gli aventi diritto al voto, su un totale di 6,6 milioni di abitanti. Dovranno scegliere fra 1252 candidati, per un totale di 130 seggi. Alto il dato relativo all’astensionismo, attorno al 42%. Per gli esperti il Fronte di azione islamica dovrebbe conquistare 20 seggi e diventare il primo partito di opposizione. 


Amman (AsiaNews/Agenzie) - Questa mattina alle 7 si sono aperte le urne in Giordania - una monarchia Costituzionale - per le elezioni legislative, finalizzate al rinnovo del Parlamento. Sono circa 4,1 milioni gli aventi diritto di voto, su un totale di circa 6,6 milioni di abitanti, che saranno chiamati a scegliere fra 1.252 candidati, per un totale di 130 seggi.

Una tornata elettorale che non scalda gli animi, perché la Camera gode di poteri limitati ed è dominata da rappresentanti di due gruppi tribali fedeli alla monarchia hascemita. Tuttavia, il voto di oggi segna il ritorno dei Fratelli musulmani che hanno boicottato i due precedenti scrutini. 

Fra i deputati eletti nell’ultima legislatura, della durata quadriennale, vi erano anche 15 donne, nove cristiani e tre rappresentanti delle minoranze etniche. 

Analisti ed esperti sottolineano che il vero vincitore di questo voto sarà l’astensionismo. Secondo un recente sondaggio elaborato dal Centro giordano Phenis di Studi e ricerca, il 42% degli elettori prevede di disertare le urne. Fra quanti andranno a votare, il 32,6% sceglierà prima di tutto un membro della propria tribù o della famiglia. 

La sola incognita resta legata al numero di voti che riuscirà a totalizzare il Fronte di azione islamica (Fai), emanazione locale e braccio politico dei Fratelli musulmani in Giordania. Per gli esperti il movimento legato all’estremismo islamico dovrebbe ottenere un massimo di 20 seggi, diventando così la prima forza politica di opposizione in seno al Parlamento. 

Il Fai aveva disertato le elezioni del 2010 e del 2013, per protesta contro presunti brogli e irregolarità nelle operazioni di voto. Nel giugno scorso il movimento filo-estremista islamico aveva annunciato l’intenzione di competere alle urne, sebbene si presenti indebolito da divisioni interne e dalla crescente repressione delle autorità. 

Membro attivo della coalizione internazionale che si batte contro lo Stato islamico (SI) in Siria e in Iraq, la Giordania denuncia da tempo infiltrazioni jihadiste sul proprio territorio e il pericolo di una crescente influenza dei gruppi estremisti e combattenti. Nel febbraio 2015 un pilota dell’aviazione è stato catturato da Daesh [acronimo arabo per lo SI] in Siria e bruciato vivo, nel contesto di una macabra esecuzione che ha inorridito il mondo. Alla sfida jihadista si coniuga l’enorme sforzo compiuto dal Paese che ha aperto le porte e accolto oltre un milione di profughi, pari al 20% circa della popolazione. 

A questo si unisce la lotta del governo e della monarchia contro l’estremismo islamico e la fratellanza stessa. Ad aprile la polizia ha messo i sigilli al quartier generale dei Fratelli musulmani, ad Amman. Nel 2012 il Parlamento aveva votato la messa al bando del braccio politico della fratellanza, il Fai. Un provvedimento inserito nel pacchetto di riforme elettorali indette dopo le proteste del 2011 legate alla Primavera araba, organizzate dai partiti democratici e in seguito cavalcate dall’opposizione islamista.