Pechino annuncia con forza una “nuova guerra fredda”
di Willy Lam

Un nuovo assetto geopolitico sembra prendere forma nella regione dell’Asia-Pacifico. Da una parte vi è Cina, Russia, Nordcorea; dall’altra gli Stati Uniti con Corea, Giappone e Paesi del Sud-est asiatico.Pechino prova a strappare alleanze ai Paesi vicini usando anche l’arma dei benefici economici. Ma molti Paesi della regione temono proprio la potenza crescente della Cina. Per gentile concessione della Jamestown Foundation.


Hong Kong (AsiaNews) – Pechino ha dichiarato una nuova guerra fredda contro le “potenze anti-cinesi in Occidente”, un modo velato per intendere gli Stati Uniti e gli alleati nel Pacifico (Military.China.com, 26 agosto; Chinaiiss.com, 25 agosto). Ciò si pone in netto contrasto con il linguaggio augurale utilizzato dal presidente Xi Jinping in occasione dell’incontro del G20 ospitato nella città costiera di Hangzhou all’inizio di settembre. In quell’occasione Xi spinse “la Cina e il mondo a unirsi l’uno con l’altro al fine di raggiungere una comune prosperità”. Xi, che è anche Segretario generale del Partito comunista cinese (Pcc) e comandante supremo, ha affermato che “le interazioni della Cina con il resto del mondo sono profonde”. “Infatti, abbiamo amici dappertutto”, ha sottolineato. (China.org, 12 settembre; Xinhua, 3 settembre).

Allo stesso tempo Pechino sta intraprendendo azioni pesanti contro quelli che considera nemici all’interno di un clima globale che i commentatori ufficiali  definiscono una “nuova guerra fredda”. Emblematica della mentalità pugilistica di Pechino è una serie di esercitazioni belliche messe in atto con la Russia, la  “Comprehensive Collaborative Strategic Partnership” subito dopo l’incontro del G20. Per otto giorni a partire dal 12 settembre, le navi cinesi e russe hanno portato avanti delle esercitazioni belliche su vasta scala mai viste prima nel mar Cinese meridionale. I termini dell’accordo “Joint Sea 2016”, che prevedeva sottomarini e attrezzature militari di ultimo modello, consistevano in esercitazioni quali l’assalto di finte roccaforti nemiche (Xinhua, 16 settembre; RT.com, 15 settembre; Jinghua Times [Pechino], 12 settembre). Forse non per semplice coincidenza, 22mila militari americani hanno fatto un’esercitazione dal nome in codice “Valiant Shield 2016” nelle acque intorno a Guam. Il Pentagono ha inoltre programmato all’inizio dell’autunno delle esercitazioni congiunte con le forze militari di Corea del sud, Giappone e India (Guan Daily, 13 settembre; Guancha.cn [Pechino], 8 settembre). L’esercitazione cino-russa di settembre è stata molto più imponente che in passato.

Secondo quanto scritto dal giornale portavoce del partito Global Times, “Il Nord-Est asiatico è sotto imminente pericolo di una nuova guerra fredda”, con gli Stati Uniti e i suoi alleati, Giappone e Corea del Sud, contro Cina, Russia e Corea del Nord. Assistendo allo scontro feroce a somma zero nell’assetto così volatile della regione, il Beijing Youth Daily, in un articolo pubblicato alla metà di agosto, ha messo in guardia: “Noi dobbiamo fare attenzione alla nuova guerra fredda” che farebbe piombare la regione nel caos (Global Times, 13 agosto; Beijing Youth Daily, 13 agosto).

La mentalità da assedio nella quale Pechino si trova è il risultato di sviluppi contrastanti all’interno della sua sfera di influenza. Il 12 luglio una sentenza della Corte permanente di arbitrato (Cpa) a L’Aia ha dichiarato illegittime le rivendicazioni territoriali della Cina su gran parte del mare Cinese meridionale. Inoltre, piani di pattugliamento sono stati annunciati da Paesi quali l’Australia, la Francia e il Giappone così da riaffermare la libertà di navigazione in quella zona. Diversi pretendenti degli isolotti del mar Cinese meridionale si sono impegnati per una cooperazione militare più stretta come ad esempio il Vietnam e le Filippine da una parte e gli Stati Uniti, il Giappone, l’India e l’Australia dall’altra. Nella penisola coreana, il dispiegamento del sistema di difesa missilistico americano Terminal High Altitude Air Defense (THAAD) sul territorio sudcoreano è considerato come un deterrente missilistico di compensazione alla Cina. A sud e a ovest l’India ha previsto la sofisticata flotta missilistica  BrahMos nelle zone dell’ Arunachal Pradesh vicine ai confini contesi con la Cina (China Brief, 13 settembre; Times of India, 25 agosto; Straits Times, 22 agosto; Xinhua, 12 luglio).

Gli analisti diplomatici a Pechino affermano che come risultato di questi ostacoli, l’amministrazione di Xi non può far altro che giocare sulla retorica. Dato che il nazionalismo è il pilastro principale della legittimazione del Pcc – e l’elemento di successo del potere cinese – Xi non può permettersi di perdere la faccia sul fronte della politica estera. Un recente simposio di diplomatici e generali organizzato dal Global Times ha concluso che dietro i recenti problemi come, ad esempio, la sentenza della Corte permanente di arbitrato e il dispiegamento dei missili THAAD c’è “l’ombra di Washington”. Come riportato da Global Times, i partecipanti all’incontro hanno affermato che “chiunque osi offendere la Cina avrà la sua punizione” (Global Times, 16 agosto).

L’acuirsi di un linguaggio incendiario potrebbe precedere un’azione militare. Alla vigilia di un radicale riassetto della struttura di comando e controllo dell’Esercito di liberazione del popolo (Pla), il Comandante supremo Xi ha promosso un aumento di armi all’avanguardia come, ad esempio, i missili balistici intercontinentali DF-41 e le armi nucleari Multiple Independently-targetable Re-entry Vehicles (MIRVs) (The Diplomat, 23 aprile; Asia Times, 12 febbraio). I rappresentanti diplomatici e militari esprimono l’urgenza per una capacità di attacco nucleare in seconda battuta. Secondo Yang Chengshu, l’ex ambasciatore in Austria, la Cina ha bisogno di sostenere il suo arsenale d’attacco per mostrare all’Occidente che “se vuoi creare problemi a me, non ci sarà assolutamente alcun vantaggio per te”. L’ex ambasciatore in Iran e ricercatore di politica estera Hua Liming ha sottolineato che un aspetto chiave del “sogno cinese” del presidente Xi è la sicurezza nazionale. “E mettere su una sicura capacità di risposta nucleare è un prerequisito [per la sicurezza nazionale]” (Asia Times, 9 settembre; Globalview.cn [Pechino], 18 agosto).

Le azioni intraprese dal Pla e da altre ramificazioni dell’apparato del Partito-Stato per frenare l’avanzata delle forze anti-cinesi stanno avendo come risultato quello di un’escalation di tensione nella regione asiatica del Pacifico. Ad esempio, in un apparente tentativo di “punire” il Giappone, Pechino ha dispiegato dei caccia a reazione e navi da guerra molto vicino alle contese isole Senkaku (conosciute in Cina come Diaoyu). Il Pla ha inoltre partecipato a esercitazioni militari con la marina militare russa nelle zone limitrofe al mar del Giappone. (Global Times, 22 agosto; Ming Pao [Hong Kong], 10 agosto). In modo altrettanto significativo, l’ambasciatore cinese a Tokyo Cheng Yonghua ha messo in guardia un ufficiale giapponese a non oltrepassare la “linea rossa” prendendo parte alle missioni con le navi americane per garantire la libertà di navigazione nel mare Cinese meridionale. Kyodo e altre agenzie di stampa giapponesi hanno affermato che Cheng avesse perfino minacciato una possibile azione militare se la “linea rossa” fosse stata oltrepassata (Japan Times, 21 agosto; Asia Times, 21 agosto). Nel suo viaggio a metà settembre a Washington, comunque, il ministro della Difesa giapponese Tomomi Inada aveva espresso il “grande supporto di Tokyo alle operazioni della marina americana per garantire la libertà di navigazione” nel mar Cinese meridionale. Il ministro ha anche previsto la possibilità di operazioni congiunte tra le forze dei due Paesi per “mantenere l’ordine marittimo internazionale basato sulla stato di diritto”. (Apple Daily [Hong Kong], 17 settembre; Reuters, 16 settembre).

L’evidente apostasia di Seul è stata forse la causa dei maggiori allarmismi tra i consiglieri del presidente Xi dato l’acuirsi della politica americana per il contenimento anti-cinese. Da quando è salita al potere tre anni fa, il presidente Park Geun-hey ha adottato una politica pro-Cina più di ogni altro leader coreano dalla fine della guerra di Corea. Gesti come la partecipazione alla parata militare a Pechino nel 2015 per celebrare “la vittoria della Cina nella guerra di resistenza del popolo contro l’aggressione giapponese – un evento al quale nessun rappresentante dei Paesi democratici ha partecipato – aveva rafforzato la convinzione di Xi che Pechino potrebbe segnare una barriera tra Stati Uniti e Corea del Sud come pure peggiorare le contraddizioni tra quest’ultima e il Giappone. (Ming Pao, 30 agosto, 2015; South China Morning Post, 20 agosto, 2015).

L’amministrazione del Partito comunista cinese (Pcc), dal canto suo, ha sferrato attacchi personali contro la Signora Park dopo la recente decisione di Seul di ospitare il sistema di difesa THAAD, che, secondo Pechino, metterà in crisi la sicurezza nazionale cinese. Park è stata accusata di essere fanhua [anti-Cina] e di “scherzare col fuoco” (South China Morning Post, 23 agosto; Huanqiuzhiyin.com [Pechino], 17 agosto). I vertici del partito hanno messo in atto piani per diminuire i legami economici e culturali con la Corea del Sud. Per esempio, cantanti e attori sud-coreani – che sono molto famosi in Cina – hanno trovato difficile organizzare concerti e spettacoli nel Paese. Voci ufficiali hanno anche messo in guardia Seul dicendo che l’enorme surplus commerciale con la Cina potrebbe essere messo a repentaglio. (Global Times, 9 febbraio; Global Times, 2 agosto).

Oltre a mostrare i muscoli a livello militare, brandire incentivi economici è forse il più efficace strumento nel repertorio di Pechino. Sono un esempio gli sforzi per conquistare la nuova amministrazione filippina del presidente Rodrigo Duterte, che ha espresso sentimenti pro-Cina. I diplomatici cinesi hanno fatto intendere che se Manila non protesta in seguito alla sentenza della CPA, Pechino potrebbe aumentare in modo significativo gli investimenti nelle Filippine (Japan Times, 16 settembre; AP, 14 settembre). Però, a causa del cambio di rotta della crescita economica cinese, ci sono limiti all’efficacia della tanto decantata diplomazia economica di Pechino. Ad esempio, l’intervento cinese in progetti lungo la One Belt One Road sono stati mantenuti in molti casi grazie agli investimenti a pioggia da parte del governo. Fino ad oggi, le infrastrutture in costruzione lungo la Silk Road Economic Belt e la Maritime Silk Road del 21esimo secolo – che, secondo Pechino, collegheranno la Cina con i Paesi che vanno dai membri dell’Asean ai Paesi dell’Asia centrale – sono state realizzate grazie a generosi aiuti economici cinesi (HKTDC.com [Hong Kong], 30 maggio).

Secondo Li Dunqiu, esperto di relazioni internazionali presso l’Università dello Zhejiang, l’avvento di una “nuova guerra fredda” è una conseguenza logica delle strategie americane di “Pivot to Asia” (fulcro, punto cardine per l’Asia) e di “riassetto asiatico”. Ha aggiunto inoltre che “Washington spera di ampliare i legami con i suoi alleati attraverso investimenti in politica, economia, armi e diplomazia così da mantenere l’egemonia globale americana e contenere la crescita della Cina” (China Youth Daily, 16 luglio). Ad ogni modo, gli esperti cinesi sembrano dimenticare che la ragione primaria per cui i Paesi dell’Asia-Pacifico, dal Giappone e l’Australia fino al Vietnam e Singapore, hanno fatto alleanze militari con gli Stati Uniti, è a causa del comportamento aggressivo di Pechino, percepito come incurante del diritto internazionale.

Secondo l’ambasciatore Hua Liming, il modo più efficace per garantire la sicurezza cinese è di creare amicizie con Paesi grandi e piccoli. “Il Presidente Mao e il Premier Zhou Enlai ci hanno insegnato che più amici si hanno nel mondo – e meno nemici – e meglio sarà”, ha aggiunto. “Dovremmo trattare i nostri vicini in modo diverso dagli americani. Alcuni Paesi saranno al nostro fianco una volta che li avremmo sedotti; se noi non facciamo niente, loro rimarranno attaccati agli Stati Uniti”. “Il problema più urgente per la Cina è quello di persuadere gli amici a fidarsi e a rispettarci”. (Mil.qianlong.com [Pechino], 16 Agosto). L’atmosfera di “nuova guerra fredda” avvolge la politica estera cinese. Nella misura in cui essa è legata in gran parte alla “teoria della minaccia cinese”, i generali e i diplomatici di Pechino dovranno affrontare un’ardua battaglia tentando di convincere gli amici dell’America nella regione a cedere all’abbraccio della Cina.