Conflitto in Yemen: l’Onu annuncia un cessate il fuoco di 72 ore

L’inizio della tregua previsto alle 23.50 del 19 ottobre. In caso di tenuta possibile un “rinnovo” ulteriore nei giorni successivi. Le parti coinvolte nella guerra hanno assicurato il rispetto dell’accordo. L’obiettivo è scongiurare “ulteriori bagni di sangue” e favorire “la consegna di aiuti umanitari”. 

 


Sana’a (AsiaNews/Agenzie) - Una tregua umanitaria di 72 ore a partire dalla mezzanotte del 19 ottobre prossimo, per portare sollievo a una popolazione civile martoriata da mesi di guerre e violenze. È quanto ha annunciato l’inviato speciale Onu per lo Yemen Ismail Ould Cheikh Ahmed, che non esclude un prolungamento ulteriore del cessate il fuoco anche per i giorni successivi. Egli avrebbe ricevuto ampie rassicurazioni da tutte le parti coinvolte nel conflitto - l’esercito fedele al presidente Abdrabbuh Mansour Hadi e le milizie ribelli sciite Houthi che controllano Sana’a - circa il rispetto dell’accordo. 

Le parole del diplomatico Onu giungono a poca distanza dal drammatico appello lanciato dalla comunità internazionale circa l’escalation di violenze nel Paese. L’ultimo caso riguarda un raid aereo della coalizione araba a guida saudita - imputabile secondo Riyadh a informazioni di intelligence “sbagliate” - contro la veglia funebre del padre di un alto ufficiale Houthi; nell’attacco sono morte oltre 140 persone.

All’indomani della strage, la comunità internazionale - in primis Stati Uniti, Gran Bretagna e Onu - ha cercato di rilanciare un dialogo fra le parti per il raggiungimento di un cessate il fuoco con effetto immediato. Anche la stessa Arabia Saudita preme per una tregua nei combattimenti. 

In una nota ufficiale l’inviato speciale Onu afferma di aver ricevuto “ampie rassicurazioni” da tutte le parti coinvolte nel conflitto in Yemen. Da qui l’annuncio di una tregua che scatterà “alle 23.59 ora dello Yemen del 19 ottobre 2016, per un periodo iniziale di 72 ore” e “con riserva di rinnovo”. Ahmed auspica che il cessate il fuoco “scongiurerà ulteriori bagni di sangue” per la popolazione civile e che vi siano condizioni migliori “per la consegna di aiuti umanitari”. 

Dal gennaio 2015 la nazione del Golfo è teatro di un sanguinoso conflitto interno che vede opposte la leadership sunnita dell’ex presidente Hadi, sostenuta da Riyadh, e i ribelli sciiti Houthi, vicini all’Iran. Nel marzo 2015 una coalizione araba a guida saudita ha promosso raid contri i ribelli, finiti nel mirino delle Nazioni Unite per le vittime, anche bambini. Ad oggi sono morte circa 7mila persone, di cui circa 4125 civili. Almeno tre milioni gli sfollati del conflitto. 

La coalizione saudita - finita al centro di una indagine internazionale indipendente, secondo cui “un terzo” degli attacchi aerei avrebbe colpito obiettivi civili - ha ricevuto a lungo il sostegno logistico e di intelligence degli Stati Uniti. Tuttavia, negli ultimi tempi il legame si è raffreddato (almeno secondo i canali ufficiali) proprio a causa dell’alto numero di vittime civili.

Di recente la diplomazia internazionale ha cercato a più riprese di raggiungere un cessate il fuoco, senza riuscirvi. Ad agosto si è tenuta una serie di negoziati di pace in Kuwait, conclusasi con un nulla di fatto. E anche l’annuncio di una tregua in concomitanza con i colloqui non ha poi trovato riscontro sul campo di battaglia. Il fallimento dei negoziati ha portato ad un ulteriore inasprimento della guerra. 

Il ministro yemenita degli Esteri Abdel-Malek al-Mekhlaf ha dichiarato che il presidente Hadi è disponibile in caso di successo a prolungare la tregua anche nei giorni successivi. A condizione che i ribelli Houthi interrompano l’assedio di Taez, terza città per importanza del Paese, da mesi sotto il tiro dei miliziani ribelli sciiti.