Balochistan, leader cattolici condannano l’attentato al santuario sufi che ha provocato 52 morti
di Kamran Chaudhry

L’esplosione è avvenuta prima del tramonto nel sacrario di Shah Noorani, a circa 750 km a sud di Quetta. Il luogo è meta di pellegrinaggio da tutto il Pakistan e dall’estero. I fedeli del sufismo sono accusati di eresia per rituali che prevedono canti e danze. Nella regione operano estremisti talebani e dello Stato islamico.


Karachi (AsiaNews) – Almeno 52 morti e oltre 100 feriti, tra i quali anche molte donne e bambini. È il bilancio del tragico attentato di ieri contro un santuario sufi nella regione del Balochistan, mentre era in corso un rituale sacro tipico del sufismo. Oggi alcuni leader cattolici condannano l’episodio di violenza, l’ultimo di una lunga serie che sta insanguinando la regione, una delle più turbolente del Pakistan.

P. Bonnie Mendes, ex direttore regionale di Caritas Asia, afferma: “Ogni attacco terroristico è da condannare, sia contro i luoghi sacri che civili. È ancora più sacrilego il fatto che il bersaglio fosse un sacrario sufi. I poveri sono coloro che soffrono di più in simili tragedie. È davvero una sciagura che tali incidenti avvengano di continuo nel nostro Paese”.

L’attentato è avvenuto prima del tramonto, mentre i fedeli stavano compiendo il dhamaal, una danza rituale accompagnata dal suono di tamburi. L’esplosione è avvenuta all’esterno dell’edificio, dove in quel momento si trovavano circa 600 fedeli.

Secondo gli ultimi aggiornamenti, i militanti dello Stato islamico avrebbero rivendicato l’attentato. Il sufismo è fautore di un islam moderato e prevede pratiche mistiche e liberatorie (come la musica e la danza) che sono osteggiate dagli estremisti, che le considerano eretiche e un insulto all’islam. Di recente i radicali hanno colpito anche Amjad Sabri, uno dei cantanti sufi più famosi al mondo, assassinandolo in pieno giorno con la presunta accusa di aver insultato il profeta Maometto.

P. Mendes ritiene che “forse le autorità non stanno facendo abbastanza. Chiediamo sforzi sinceri per eliminare questa minaccia. La violenza è radicata in profondità nella cultura tribale della provincia del Balochistan. Ci sono frange estremiste dello Stato islamico che condividono le stesse ideologie e tattiche”.

Il sacrario di Shah Noorani, a circa 750 km a sud di Quetta, è considerato un luogo sacro sia dai sunniti che dagli sciiti. Il sacrario è dedicato alla figura del maestro sufi Hazrat Baba Shah Noorani, che qui ha abitato oltre 500 anni fa vivendo in solitudine in cima alla montagna. Il luogo attira fedeli da tutto il Paese e anche dall’estero. Date le aspre condizioni del terreno, i soccorritori hanno avuto difficoltà nel raggiungere la zona dell’esplosione.

L’attentato in Balochistan è solo l’ultimo di una lunga scia di sangue lasciata dai terroristi in questa regione. A fine ottobre il gruppo Lashkar-e-Jhangvi (LeJ) ha compiuto una delle più feroci stragi mai avvenute in Pakistan contro la scuola militare di Quetta, in cui sono morte 61 persone tra cadetti e guardie.

P. Emmanuel Yousaf Mani, direttore nazionale della Commissione nazionale Giustizia e pace della Conferenza episcopale pakistana, ritiene che gli attacchi nella provincia occidentale “siano una questione interna. Non possono fare tutto i [combattenti] provenienti dall’esterno, di certo anche i locali sono coinvolti. Il Califfato islamico ha molti simpatizzanti nella regione. Gli attentatori credono di essere padroni della propria fede, ma non riusciamo a capire quale sia la religione che seguono”.

“Questo è un fallimento del governo – conclude il sacerdote –. Il chief minister ora annuncia che metterà dei posti di blocco nei luoghi in cui si svolgono le preghiere. Dovevano farlo prima. Chiediamo che vengano attuate ulteriori misure di sicurezza in tutto il Paese. Ognuno ha il diritto di professare la propria fede”.