Papa: “io spero perché Dio è accanto a me”, cammina accanto a me

Francesco ha iniziato un ciclo di catechesi dedicato alla speranza cristiana, “che non delude mai”. Appelli per le Giornate contro la corruzione e per i diritti umani: “due realtà strettamente collegate: la corruzione è l’aspetto negativo da combattere”; “i diritti umani sono l’aspetto positivo, da promuovere”.

 


Città del Vaticano (AsiaNews) – “Io spero perché Dio è accanto a me e questo possiamo dirlo tutti perché Dio cammina accanto a noi, Dio non ci lascia soli”. E’ il fondamento della speranza cristiana, alla quale da oggi papa Francesco ha annunciato un ciclo di catechesi. Speranza che non delude mai, a differenza dall’ottimismo, col quale a volte viene confusa.

L’udienza è stata anche occasione per il Papa per lanciare due appelli, contro la corruzione e per i diritti umani. Francesco ha infatti ricordato che “nei prossimi giorni ricorrono due importanti Giornate promosse dalle Nazioni Unite: quella contro la corruzione – il 9 dicembre – e quella per i diritti umani – il 10 dicembre –. Sono due realtà strettamente collegate: la corruzione è l’aspetto negativo da combattere, incominciando dalla coscienza personale e vigilando sugli ambiti della vita civile, specialmente su quelli più a rischio; i diritti umani sono l’aspetto positivo, da promuovere con decisione sempre rinnovata, perché nessuno sia escluso dall’effettivo riconoscimento dei diritti fondamentali della persona umana. Il Signore ci sostenga in questo duplice impegno”.

Della speranza il Papa aveva parlato alle seimila persone presenti nell’aula Paolo VI dicendo che “ne abbiamo tanto bisogno, in questi tempi che appaiono oscuri, in cui a volte ci sentiamo smarriti davanti al male e alla violenza che ci circondano, davanti al dolore di tanti nostri fratelli. Ci sentiamo smarriti e anche un po’ scoraggiati, perché ci troviamo impotenti e ci sembra che questo buio non debba mai finire. Ma non bisogna lasciare che la speranza ci abbandoni, perché Dio con il suo amore cammina con noi, non ci lascia soli, io spero perché Dio è accanto a me e questo possiamo dirlo tutti perché Dio cammina accanto a noi, Dio non ci lascia soli e il Signore Gesù ha vinto il male e ci ha aperto la strada della vita”.

“E allora, in particolare in questo tempo di Avvento, che è il tempo dell’attesa, in cui ci prepariamo ad accogliere ancora una volta il mistero consolante dell’Incarnazione e la luce del Natale, è importante riflettere sulla speranza. Lasciamoci insegnare dal Signore cosa vuol dire sperare. Ascoltiamo quindi le parole della Sacra Scrittura, iniziando con il profeta Isaia, il grande profeta dell’Avvento, il grande messaggero della speranza. Nella seconda parte del suo libro, Isaia si rivolge al popolo con un annuncio di consolazione: «Consolate, consolate il mio popolo/ – dice il vostro Dio. / Parlate al cuore di Gerusalemme / e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, / la sua colpa è scontata […]»./ Una voce grida:/ «Nel deserto preparate la via al Signore,/spianate nella steppa la strada per il nostro Dio./ Ogni valle sia innalzata,ogni monte e ogni colle siano abbassati;/ il terreno accidentato si trasformi in piano / e quello scosceso in vallata./ Allora si rivelerà la gloria del Signore / e tutti gli uomini insieme la vedranno, / perché la bocca del Signore ha parlato» (40,1-2.3-5). Questo è quello che dice il profeta Isaia. Dio Padre consola suscitando consolatori, a cui chiede di rincuorare il popolo, i suoi figli, annunciando che è finita la tribolazione, è finito il dolore, e il peccato è stato perdonato. È questo che guarisce il cuore afflitto e spaventato. Perciò il profeta chiede di preparare la via al Signore, aprendosi ai suoi doni e alla sua salvezza”.

“La consolazione, per il popolo, comincia con la possibilità di camminare sulla via di Dio, una via nuova, raddrizzata e percorribile, una via da approntare nel deserto, così da poterlo attraversare e ritornare in patria. Perché il popolo a cui il profeta si rivolge stava vivendo la tragedia dell’esilio a Babilonia, e adesso invece si sente dire che potrà tornare nella sua terra, attraverso una strada resa comoda e larga, senza valli e montagne che rendono faticoso il cammino, una strada spianata nel deserto. Preparare quella strada vuol dire dunque preparare un cammino di salvezza un cammino di liberazione da ogni ostacolo e inciampo. L’esilio era stato un momento drammatico nella storia di Israele, quando il popolo aveva perso tutto, la patria, la libertà, la dignità, e anche la fiducia in Dio. Si sentiva abbandonato e senza speranza. Invece, ecco l’appello del profeta che riapre il cuore alla fede. Il deserto è un luogo in cui è difficile vivere, ma proprio lì ora si potrà camminare per tornare non solo in patria, ma tornare a Dio, e tornare a sperare e sorridere. Quando siamo nel buio e nelle difficoltà non viene il sorriso ma c'è la speranza che ci insegna a sorridere in quella strada per trovare Dio. Una delle cose che capita a chi si stacca da Dio è l'assenza del sorriso, il sorriso della speranza di trovare Dio, magari sanno fare una grande risata, le battute, sì, ma hanno perso il sorriso che sa donare Dio”.

“La vita è spesso un deserto, è difficile camminarci dentro, ma se ci affidiamo a Dio può diventare bella e larga come un’autostrada. Basta non perdere mai la speranza, basta continuare a credere, sempre, nonostante tutto. Quando ci troviamo davanti un bambino ci sorge spontaneo un sorriso perché un bambino è una speranza. Sorridiamo anche se è stata una giornata difficile, perché vediamo la speranza. Proprio queste parole di Isaia vengono poi usate da Giovanni il Battista nella sua predicazione che invitava alla conversione: «Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore» (Mt 3,3). È una voce che grida dove sembra che nessuno possa ascoltare, e che grida nello smarrimento dovuto alla crisi di fede. Non possiamo negare che oggi il mondo è in crisi di fede. La religione è diventata solo una parola ‘io credo’ ma questa non è la vera via del cristianesimo, è la ricerca di Dio, preparare l'incontro con Gesù, questo bambino che ci ridarà il sorriso. Gli Israeliti, quando il Battista annuncia la venuta di Gesù, è come se fossero ancora in esilio, perché sono sotto la dominazione romana, che li rende stranieri nella loro stessa patria, governati da occupanti potenti che decidono delle loro vite. Ma la vera storia non è quella fatta dai potenti, bensì quella fatta da Dio insieme con i suoi piccoli. Quella che resterà nell'eternità è quella che Dio farà con i suoi piccoli. Quei piccoli e semplici che troviamo intorno a Gesù che nasce: Zaccaria ed Elisabetta, anziani e segnati dalla sterilità, Maria, giovane ragazza vergine promessa sposa a Giuseppe, i pastori, che erano disprezzati e non contavano nulla. Sono i piccoli, resi grandi dalla loro fede, i piccoli che sanno continuare a sperare. Sono loro che trasformano il deserto dell’esilio, della solitudine disperata, della sofferenza, in una strada piana su cui camminare per andare incontro alla gloria del Signore. Lasciamoci dunque insegnare la speranza, attendiamo fiduciosi la venuta del Signore, e qualunque sia il deserto delle nostre vite, ognuno sa in quale deserto cammina diventerà un giardino fiorito. La speranza non delude! Diciamolo tutti!”.